
E anche questo momento è arrivato. L’ultimo gradino del male, Peter Pan, è stato analizzato nelle sue radici umane.
E Once Upon a Time ha investigato sul peccato di fondo, quello imperdonabile o davvero difficile da perdonare: il tradimento di coloro che si fidano, i colpevoli del quale Dante all’Inferno mette nelle fauci di Lucifero.
In effetti sin dall’inizio in questa serie si parla di questo: Emma ha abbandonato il proprio figlio, Henry, ma lui è andato a cercarla e l’ha perdonata. Abbiamo analizzato la natura di Emma e dentro di lei c’era lo stesso dolore: i suoi l’avevano abbandonata alla nascita. Abbiamo anche chiarito, con una serie lunghissima di piccoli pezzi colorati di un puzzle che si è dipanato nel corso di cinquantadue episodi finora, i motivi di questo gesto: The Greater Good, il bene più grande a causa del quale Biancaneve e il Principe Azzurro avevano mandato via la loro figlia, perché un giorno salvasse l’intero mondo delle fiabe. Era un motivo giusto? Di certo era un motivo ideale, altruista, ma questo diminuisce la sofferenza che alla piccola Emma è stata inferta?
Questa angoscia dell’abbandono è stata sviscerata in ogni modo, esaminando alla maniera dei Naturalisti francesi (ereditarietà e ambiente: chi se li ricorda?) tutti i motivi che hanno spinto i vari personaggi al gesto, alla frattura, all’apparente negazione dell’amore genitoriale, paterno e materno. Persino nel rapporto fra Regina e Snow c’è la frattura di quello che sarebbe potuto essere amore filiale, e invece è divenuto odio profondo, e anche qui i motivi sono stati analizzati. Il rapporto fra Regina e Cora poi; Il rapporto fra Rumpelstiltskin e Baelfire: un altro fondamentale abbandono. Bael stesso ha abbandonato Emma, anche se qui non c’è un rapporto filiale, ma pur sempre sempre un abbandono. Per egoismo, per un bene più grande, per paura?
Che cosa consente a un rapporto di rimanere saldo e fedele nel tempo?
In questo episodio Emma dice qualcosa di importante a Snow, timorosa non ci sia soluzione al problema di David e di essere costretta ad abbandonare di nuovo la figlia:
Emma – “Famiglia” significa stare insieme, tutti quanti.
Snow – Ma… non c’è un’alternativa.
Emma – Magari a forza di starti vicina sto diventando come te, ma… io non ci credo. C’è sempre un modo.
Ecco che “l’ipotesi positiva” sulla vita, tipica dei coniugi Charming è attecchita in Emma, che però l’ha imparata soprattutto dal figlio. Il catalizzatore di questa fiducia intanto è stato qualcuno che le sta accanto senza un motivo secondo – non per recuperare un rapporto inesistente prima o incrinato dalle scelte, e potremmo parlare sia dei genitori sia di Neal – qualcuno che la aiuta e la sostiene perché l’ha scelta, perché la predilige: Hook.
Ora, dopo tanta frequentazione con persone che confidano nel lieto fine, solo ora Emma pare convinta che riuscirà a recuperare Henry e non solo perché è pronta a lottare fino allo stremo, ma perché c’è un bene, un sentimento timido e puro, di cui è fatta oggetto, su cui scommettere. Ora Emma spera: c’è sempre un modo. E “famiglia vuol dire stare insieme tutti quanti”, amandosi e appartenendosi.
Invece il peccato ancestrale è il contrario dell’amore e dell’appartenenza libera e reciproca che ne dovrebbe conseguire, ma qui, in Once Upon a Time non è un peccato del figlio contro un padre buono – l’imprinting di Lucifero su Adamo –, ma un peccato del padre contro un figlio bisognoso di appartenenza e abbraccio. Ha un significato questo nelle scelte della sceneggiatura? Ha un valore metaforico? I figli sono cattivi, o almeno scettici, duri, nascosti dietro una corazza, paurosi di rischiare e di concedere fiducia perché i padri li lasciano, li abbandonano.
La scena quando il piccolo Rumpel abbraccia il padre chiedendogli di non lasciarlo nella casa delle due filatrici, mentre Malcolm, lo scapestrato giocatore, non vede l’ora di mollarlo vuole mostrare quell’orribile peccato che è “scandalizzare i piccoli”, ferirli, abbandonarli.
Il pupazzo si chiama Peter Pan, “qualcuno che ti starà vicino in mia assenza … quando io non potrò”. Il padre cattivo si trasforma in un giovane e prende per sé il nome del simulacro lasciato al figlio per ingannare la propria solitudine. “Io sono con te” dice il padre traditore alla sua creatura, ma non è vero, lo sta lasciando solo; e il pupazzo è una sorta di promessa mancata, di cui però Rumple non è riuscito a liberarsi. Perché questo padre ha abbandonato il proprio figlio? Perché voleva essere libero e volare e non avere responsabilità. “Non sono nato per essere padre” e lo rimanda indietro a cavarsela da solo. Perché Peter Pan prende il nome del pupazzo? Il padre concede al figlio un contentino, in qualche modo lo prende in giro, non si assume tutta la responsabilità di una faticosa e concreta vicinanza. “Ti proteggerà” dice Malcolm al figlio parlando del pupazzo. “Tornerò” dice anche. E Peter Pan, colui che dovrebbe essere il compagno dei bambini soli (solo i bambini lo possono invocare: i bambini o quelli che non usano la razionalità?), è invece il loro più vero traditore, quello che li rende fantocci obbedienti al proprio volere, senza nessuna paura della morte e convinti di essere liberi.
Solo io vedo un sottotesto di tipo simbolico-religioso? Come se Once Upon a Time stesse riscrivendo la storia della religione, raccontando in tutto un altro modo il rapporto Dio-creatore/uomo-creatura? Il peccato di cui si parla – pare voglia dirci il messaggio subliminale della serie – è quello di questo Dio che ci ha abbandonato qui, soli e ingenui, dandoci un simulacro inutile della sua presenza (le varie chiese?) che non ci fa una vera compagnia e promettendoci un ritorno alle sue condizioni; un Dio che ci vuole come i ragazzi perduti, obbedienti e convinti di essere liberi. Se sto esagerando chiedo venia ai miei due lettori! Eppure …
Pan tesse trame complicate e finalizzate al suo proprio interesse, ma che non escludono il figlio Rumpelstiltskin: ha aspettato che Henry nascesse e lo ha fatto arrivare a Neverland affinché potesse consentirgli l’immortalità con il dono spontaneo del suo cuore puro, ma ha fatto in modo che ci fosse anche l’Oscuro. Lo stesso in fondo farà anche Rumpelstiltskin con Baelfire. Anzi Rumpel proclama la sua diversità dal padre, pur essendosi comportato nello stesso modo. Per entrambi però il potere è stato più importante del rapporto con i loro figli, ma quest’ultimo ha mosso mari e monti per potersi unire a Neal. Intanto Peter Pan propone al figlio di rimanere con lui all’Isola che non c’è. Rumpel rifiuta e viene inscatolato.
Ed è il momento di Henry, il ragazzino che concede il beneficio del dubbio a Emma, a Regina, sua madre adottiva, al padre Neal … In nome di che sostanzialmente? Che cosa consente al ragazzo di andare controcorrente? Di essere inclusivo – tanto da accettare come nonno pure l’Oscuro – invece di escludere, tagliare fuori, abbandonare, come hanno fatto tutti gli altri? Lui è il True Beliver, lui ha fede, il suo cuore è quell’ingrediente speciale che fa la differenza. Lui sin dall’inizio voleva la salvezza del mondo delle fiabe, come possibilità dell’esistenza del lieto fine, crede nell’eroismo, nella lotta senza requie, nella tenacia.
Eppure qui vediamo Henry credere a Pan, fidarsi di lui. In qualche modo vengono rappresentate le nostre più ancestrali paure: che la fiducia sia mal riposta, soprattutto la fiducia che le cose possano andar bene, che ci sia sempre una soluzione a tutto. Come può essere la fede/fiducia una virtù sicura, una chance reale se persino tuo padre e tua madre ti abbandonano? Henry che cade inspiegabilmente nella rete di Pan, credendo ciecamente al suo progetto ferisce il nostro cuore sempre in bilico.
Come si conclude questo episodio? Henry dà a Pan il suo cuore. Possibile che sia sconfitto? In una serie che vede lui come portatore della rara e preziosa capacità di credere? Non è possibile che invece alla fine abbia ragione lui? Non ci vuole poi molto per ottenere risposta. Coraggio Believers!
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E Once Upon a Time ha investigato sul peccato di fondo, quello imperdonabile o davvero difficile da perdonare: il tradimento di coloro che si fidano, i colpevoli del quale Dante all’Inferno mette nelle fauci di Lucifero.
In effetti sin dall’inizio in questa serie si parla di questo: Emma ha abbandonato il proprio figlio, Henry, ma lui è andato a cercarla e l’ha perdonata. Abbiamo analizzato la natura di Emma e dentro di lei c’era lo stesso dolore: i suoi l’avevano abbandonata alla nascita. Abbiamo anche chiarito, con una serie lunghissima di piccoli pezzi colorati di un puzzle che si è dipanato nel corso di cinquantadue episodi finora, i motivi di questo gesto: The Greater Good, il bene più grande a causa del quale Biancaneve e il Principe Azzurro avevano mandato via la loro figlia, perché un giorno salvasse l’intero mondo delle fiabe. Era un motivo giusto? Di certo era un motivo ideale, altruista, ma questo diminuisce la sofferenza che alla piccola Emma è stata inferta?
Che cosa consente a un rapporto di rimanere saldo e fedele nel tempo?
In questo episodio Emma dice qualcosa di importante a Snow, timorosa non ci sia soluzione al problema di David e di essere costretta ad abbandonare di nuovo la figlia:
Ecco che “l’ipotesi positiva” sulla vita, tipica dei coniugi Charming è attecchita in Emma, che però l’ha imparata soprattutto dal figlio. Il catalizzatore di questa fiducia intanto è stato qualcuno che le sta accanto senza un motivo secondo – non per recuperare un rapporto inesistente prima o incrinato dalle scelte, e potremmo parlare sia dei genitori sia di Neal – qualcuno che la aiuta e la sostiene perché l’ha scelta, perché la predilige: Hook.
Invece il peccato ancestrale è il contrario dell’amore e dell’appartenenza libera e reciproca che ne dovrebbe conseguire, ma qui, in Once Upon a Time non è un peccato del figlio contro un padre buono – l’imprinting di Lucifero su Adamo –, ma un peccato del padre contro un figlio bisognoso di appartenenza e abbraccio. Ha un significato questo nelle scelte della sceneggiatura? Ha un valore metaforico? I figli sono cattivi, o almeno scettici, duri, nascosti dietro una corazza, paurosi di rischiare e di concedere fiducia perché i padri li lasciano, li abbandonano.
Il pupazzo si chiama Peter Pan, “qualcuno che ti starà vicino in mia assenza … quando io non potrò”. Il padre cattivo si trasforma in un giovane e prende per sé il nome del simulacro lasciato al figlio per ingannare la propria solitudine. “Io sono con te” dice il padre traditore alla sua creatura, ma non è vero, lo sta lasciando solo; e il pupazzo è una sorta di promessa mancata, di cui però Rumple non è riuscito a liberarsi. Perché questo padre ha abbandonato il proprio figlio? Perché voleva essere libero e volare e non avere responsabilità. “Non sono nato per essere padre” e lo rimanda indietro a cavarsela da solo. Perché Peter Pan prende il nome del pupazzo? Il padre concede al figlio un contentino, in qualche modo lo prende in giro, non si assume tutta la responsabilità di una faticosa e concreta vicinanza. “Ti proteggerà” dice Malcolm al figlio parlando del pupazzo. “Tornerò” dice anche. E Peter Pan, colui che dovrebbe essere il compagno dei bambini soli (solo i bambini lo possono invocare: i bambini o quelli che non usano la razionalità?), è invece il loro più vero traditore, quello che li rende fantocci obbedienti al proprio volere, senza nessuna paura della morte e convinti di essere liberi.
Solo io vedo un sottotesto di tipo simbolico-religioso? Come se Once Upon a Time stesse riscrivendo la storia della religione, raccontando in tutto un altro modo il rapporto Dio-creatore/uomo-creatura? Il peccato di cui si parla – pare voglia dirci il messaggio subliminale della serie – è quello di questo Dio che ci ha abbandonato qui, soli e ingenui, dandoci un simulacro inutile della sua presenza (le varie chiese?) che non ci fa una vera compagnia e promettendoci un ritorno alle sue condizioni; un Dio che ci vuole come i ragazzi perduti, obbedienti e convinti di essere liberi. Se sto esagerando chiedo venia ai miei due lettori! Eppure …
Pan tesse trame complicate e finalizzate al suo proprio interesse, ma che non escludono il figlio Rumpelstiltskin: ha aspettato che Henry nascesse e lo ha fatto arrivare a Neverland affinché potesse consentirgli l’immortalità con il dono spontaneo del suo cuore puro, ma ha fatto in modo che ci fosse anche l’Oscuro. Lo stesso in fondo farà anche Rumpelstiltskin con Baelfire. Anzi Rumpel proclama la sua diversità dal padre, pur essendosi comportato nello stesso modo. Per entrambi però il potere è stato più importante del rapporto con i loro figli, ma quest’ultimo ha mosso mari e monti per potersi unire a Neal. Intanto Peter Pan propone al figlio di rimanere con lui all’Isola che non c’è. Rumpel rifiuta e viene inscatolato.
Eppure qui vediamo Henry credere a Pan, fidarsi di lui. In qualche modo vengono rappresentate le nostre più ancestrali paure: che la fiducia sia mal riposta, soprattutto la fiducia che le cose possano andar bene, che ci sia sempre una soluzione a tutto. Come può essere la fede/fiducia una virtù sicura, una chance reale se persino tuo padre e tua madre ti abbandonano? Henry che cade inspiegabilmente nella rete di Pan, credendo ciecamente al suo progetto ferisce il nostro cuore sempre in bilico.
Come si conclude questo episodio? Henry dà a Pan il suo cuore. Possibile che sia sconfitto? In una serie che vede lui come portatore della rara e preziosa capacità di credere? Non è possibile che invece alla fine abbia ragione lui? Non ci vuole poi molto per ottenere risposta. Coraggio Believers!
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