Se ciò che cono
scevamo era solo la superficie di una realtà più complessa, cosa siamo disposti a fare per scoprire le verità e non perdere noi stessi?
Il 30 maggio 2013 è uscito, per la casa editrice De Agostini, Insurgent, il secondo volume della trilogia scritta da Veronica Roth. Un serie che inesorabilmente, ha scalato le classifiche di tutto il mondo, conquistando sempre più fan ancor prima della sua conclusione, con l’uscita di Allegiant ad ottobre negli Stati Uniti. Divergent, primo capitolo di questa saga distopiaca-Y/A, diventerà un film, che già in lavorazione e la cui uscita è prevista per marzo 2014 negli Stati Uniti e in Inghilterra.
I lettori hanno aspettato un anno per poter leggere il seguito di Divergent; un’attesa decisamente lunga, ma a conti fatti ne è valsa la pena e non si può rimanere delusi da questo secondo volume che, se è possibile, risulta migliore del primo: nonostante ci siano imperfezioni e difetti, riesce a stupire ed affascinare sempre più il lettore. 500 pagine che filano via lisce e che coinvolgono e rendono ancora più realistico il mondo creato da Veronica Roth. L’autrice conferma uno stile semplice e scorrevole e, grazie all’utilizzo della prima persona, molto intrigante.
A posteriori, si può dire che il primo libro diventa la perfetta introduzione del mondo e dei meccanismi meglio esplicitati durante la narrazione di Insurgent, che riesce a riservare molte sorprese e diversi interessanti colpi di scena, rendendo la lettura, in alcuni momenti, quasi adrenalinica.
Alla conclusione del primo libro, Tris, la nostra protagonista, comincia per la prima volta a capire esattamente cosa significhi essere Divergente e che la società in cui ha vissuto appare vicina al collasso. Durante la narrazione dovrà scontrarsi con la realtà nascosta dietro alla finzione, dove niente è come sembra. Veronica Roth gioca con il lettore, mostrando i protagonisti nei loro momenti di forza, ma anche in quelli di difficoltà più profonda e ponendo l’accento sulla relatività della morale e dell’etica. La difficoltà della protagonista di venire a patti con le sue scelte e i rimorsi di coscienza per le azioni compiute saranno il filo conduttore del secondo libro. Tris è un’eroina impulsiva, fragile e forte allo stesso tempo, che scavando nel profondo del proprio animo cerca di comportarsi rettamente, mantenendo una propria integrità e cercando di convivere con i propri errori, cercando di non ripeterli. Siamo lontani dall’eroe che si sente vittima delle scelte altrui e che ogni piè sospinto si lamenta di essere il predestinato. Tris è diversa: affronta quel che le accade perché sente di doverlo fare, a costo di soffrire e tradire la fiducia di chi la circonda. Non ci sono spazi per compromessi. Senza dubbio il personaggio creato dalla Roth è una protagonista di impatto, che a volte potrebbe infastidire, ma profondamente particolareggiata.
Insurgent è un libro estremamente interessante perché apre a molte riflessioni durante il corso di tutta la narrazione, come nel primo libro: il tentativo di capire il comportamento delle persone, le zone d’ombra, i compromessi ai quali si giunge per un obiettivo personale o generale sono argomenti che vengono trattati anche attraverso i molti personaggi presenti nella storia. Grazie a come l’autrice tratteggia questi co-protagonisti, la trama diventa molto più complessa e ricca e di certo questo romanzo merita una rilettura.
Pochi i difetti presenti, contando comunque che l’opera è un Young Adult, quindi rientra in scelte narrative ben precise – come un linguaggio particolarmente semplice, protagonisti molto giovani e una storia d’amore adolescenziale controversa, che accompagna molte delle difficoltà che deve affrontare la protagonista. Sono riscontrabili però anche alcune incongruenze e superficialità sulla struttura del mondo creato dalla Roth (i trans-fazione ad esempio, il passato di alcuni personaggi e la struttura reale del mondo) e anche alcune scelte narrative che non riescono a rendere a pieno alcuni dei passaggi più interessanti del romanzo.
Infine, il colpo di scena sul finale di Insurgent, forse vagamente intuibile, è assolutamente perfetto e in linea con il genere distopico: apre di certo a riflessioni spesso espresse in altri libri del genere, incuriosisce e spinge verso la lettura dell’ultimo libro della trilogia, Allegiant, ma lascia, ahimè, un sottile amaro in bocca per il modo in cui viene narrato. Interessante la scelta narrativa, che ricorda vagamente altro, ma nei contenuti appare confusa e in parte contraddittoria con ciò che conosciamo con il mondo creato dalla Roth. Come per il finale aperto di Divergent, anche in questo caso non ci resta che aspettare l’ultimo volume per capire il valore intrinseco dell’intera trilogia e se ci troviamo di fronte a un castello affascinante costruito sulla sabbia o su solide fondamenta.