Once Upon a Time 2×17 “Welcome to Storybrooke”

“Innocence, once lost, can never be regained. Darkness, once gazed upon, can never be lost” John Milton

Quest’ultimo episodio mi ha ricordato questa frase, trovata in giro. “L’innocenza, una volta persa, non può essere riguadagnata. L’oscurità, una volta che la si è fissata con lo sguardo, non può essere più persa”. È vero o no? Ha ragione o no Milton?

È Biancaneve che diventa grigia e bigia dopo quel che ha fatto nello scorso episodio, contribuendo alla morte di Cora, e questo la distrugge. Il bianco della neve e della purezza è bello, affascinante è il nero della Regina cattiva: sono le favole che attraggono con i loro contrasti mirabilmente semplici. Once Upon a Time parla di fiabe e di bambini, fa fremere il fanciullino che è in noi e fa riflettere l’adulto. In questa puntata ci sono ben due bambini, con un collegamento fra il passato e presente, che si spiega nel cliffhanger (fulmen in clausula) finale: lo straniero capitato “per caso” a Storybrooke non ci è capitato affatto per caso.

Ci viene narrato il primo inizio della cittadina, appena dopo la maledizione che ha catapultato gli ignari personaggi delle fiabe nei dintorni del Maine, con una Regina sorridente quasi inedita. Tutti i paradisi costruiti artificialmente ad hoc, però, prima o poi stanno stretti e lei si annoia di giornate tutte uguali: proprio quando tutti, ma proprio tutti, paiono essere marionette ai suoi comandi, lei si accorge che così non c’è gusto, non è “reale”. Quando un papà e un ragazzino si avventurano per caso in città – erano già nei dintorni quando la maledizione ha avuto compimento – Regina prima è infastidita dalla loro presenza, poi si rende conto che non solo la novità è gradita, ma che nulla le impedisce di provare empatia: il ragazzino le fa venir voglia di affezionarsi davvero a qualcuno, ma, come fa chi non sa ancora amare e concepisce gli altri come giocattoli acquiescenti, proprio come il compianto sceriffo Graham, non è capace di accettare il rischio della libertà dell’altro e vuole costringere il bambino a stare con lei. Un po’ mi ricorda chi vuole un figlio a tutti costi e alle proprie specifiche condizioni, in una distorta concezione di amore che non accetta la profonda alterità della realtà. La differenza fra il proprio personale progetto e quello che ti è dato da vivere.

Vediamo Regina ferita dal suo stesso male, quando il ragazzino disperato, alla fine, si vede separato per sempre dal padre, che ha visto troppo (ma possibile che un semplice incantesimo della memoria non sia sufficiente?). Lei ha provato empatia e la vediamo incatenata alla sofferenza di quel qualcuno a cui ha fatto del male. Eppure Regina, la regina/ sindaco, non ha smesso e non smette di fare cavolate. L’arrivo del tizio a Storybrooke, con tutti i pericoli che comporta, è una semplice conseguenza della decisione di separare un padre da un figlio, ma lei vuole trovare ancora l’incantesimo che le faccia avere Henry tutto a sua disposizione e senza rivalità alcuna.

Ed è Tremotino che le inquadra il problema: la possibilità di imparare dai propri errori deve essere colta: o ti vendichi di Snow o ottieni Henry, non puoi avere tutte e due le cose. È interessante per gli sviluppi successivi della trama che sia proprio Tremotino a dirle questo – qualche speranza che non faccia fuori il proprio nipotino insomma ci sorge. I guaio è che “non si può volere tutto”. La felicità come noi l’abbiamo progettata non esiste.

Abbiamo dunque un bambino, che promette al padre che lo ritroverà, che è diventato un adulto che sta documentando finalmente tutto quello che di strano succede a Storybrooke. Riuscirà a ricongiungersi a suo padre? Lo scopriremo, prima o poi. Nel frattempo, l’altro bambino, Henry, mostra la natura intransigente della felicità così come ce la si aspetta. I buoni devono rimanere buoni e i cattivi (Regina) devono trovare la strada per ritornare buoni, senza nemmeno avere il diritto di ripensarci (non si può trovare uno sponsor col pelo sullo stomaco per quella povera donna?). E la magia deve fare il piacere di sparire.

Vuole troppo Henry? La superiorità della sua visione pare intaccata quando continua a sottolineare come Emma gli abbia mentito e quando non ritiene possibile che Snow abbia fatto quello che ha fatto: “Ma lei è Biancaneve!” Forse Ouat vuole solo sottolineare la natura dell’errore, che ti schiaccia con le sue conseguenze, che prima o poi non tardano a raggiungerti, oppure sottolineare che volere il bianco e il nero ben separati è una caratteristica infantile, o solo avvertire di non “inserire cellule cancerogene di oscurità nel proprio cuore fosforescente”, che poi, come tutti i giocattoli cinesi rotti, bisogna solo buttarlo, perché non si può riparare. Regina lo sa bene e, quando Snow si presenta alla sua porta supplicandola di ucciderla, ma in fondo chiedendo un rapporto con lei – anche di quel particolare tipo estremo di rapporto – si vede di nuovo opposto un no: niente empatia. La cellula di male che Snow, con il suo gesto, ha introdotto in se stessa distruggerà quella famiglia di cui Regina si danna di non aver parte e quello sarà il suo trionfo. Il Bene si perde troppo facilmente e il Male non si può eliminare: insomma, qui non c’è traccia del “perdono”. Henry non perdona Emma, Regina non perdona Snow, Snow non perdona se stessa. Neal/Baelfire, nello scorso episodio, aveva perdonato il padre, o così pareva; forse per questo è un Tremotino pensoso che risponde alla domanda di Snow: “Come fai a vivere con te stesso?” “Continuo a ripetermi che ho fatto la cosa giusta”.

Un’amarezza terribile serpeggia in quest’episodio. La tentazione è quella di pensare che sia la base protestante della mentalità anglosassone ad agire. L’abolizione luterana del sacramento della confessione rende impraticabile l’azione rifondativa della dottrina della Misericordia: quel Bene che ha nome Dio e che perdona chiunque si rivolge a Lui, qualunque misfatto abbia compiuto. Qui non ce n’è memoria: troppo politically incorrect? La macchiolina nera nel cuore di Biancaneve come può essere mondata? Come risponderà l’esoterismo di questa annacquata religione new age? Ma, gente, volendo possiamo giusto continuare a chiederci quando tornerà Capitan Uncino o che succederà alla povera Belle o che fine ha fatto Aurora o chi è il parrucchiere della Sirenetta. Tutte scelte nostre.

 

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