Snow viene colpita di nuovo e profondamente.
Once Upon a Time sta scavando per capire di che stoffa siano fatte le convinzioni morali. Anche la pervicacia al male di Regina viene sfidata e Tremotino si avvicina a un bivio molto difficile.
Davvero molto materiale su cui riflettere in questo quindicesimo episodio; il tutto abbondantemente condito dei lustrini fastosi degli abiti nei flashback del mondo delle fiabe. Nel giorno del suo compleanno Snow non è contenta, David lo sa: corrisponde anche con l’anniversario del giorno più brutto della sua vita, quando si trovò a fronteggiare la malattia e la morte di sua madre. L’attrice che interpreta Snow bambina è piuttosto impressionante, sia per la bravura, sia per la somiglianza con Ginnifer Goodwin, ma gli autori dovranno prima o poi fare i conti con il fatto che non possono far vedere flashback in cui lei dovrebbe essere anche più piccola di come l’abbiamo vista già e invece la ragazza è più grande, dato che cresce!
Un altro tassello si aggiunge alla trama generale, insieme al bel personaggio di Joanna, la dolce governante amata da Snow. Qui infatti ci godiamo un cameo di Lesley Nicol, l’attrice che in Downton Abbey interpreta la cuoca, Mrs. Pathmore.
Quando la madre si era ammalata, la piccola, consigliata da Joanna, aveva chiesto aiuto alla fata turchina e questa le aveva proposto un rimedio oscuro, che avrebbe comportato la morte di un altro al posto di quella della madre. Snow, allevata alla bontà, non aveva accettato questo scambio e la madre, orgogliosa per la scelta della figlia, era morta. Ora che Cora invece è nei paraggi, Snow scopre di essere stata ingannata atrocemente: quella non era la fata turchina, ma Cora – ristretta e “azzurrata” per l’occasione –, che aveva gettato le basi per il subentro della figlia Regina sul trono. La regina madre era stata in realtà avvelenata e la magia avrebbe potuto davvero guarirla, ma la scelta di Snow aveva fatto svoltare la storia nel modo in cui noi la conosciamo.
Tutto quello che avviene è manipolato da Cora; anche Regina comprende che l’aver incontrato Snow la prima volta non era affatto stato un caso. Era ora! La vicenda del pugnale di Tremotino, bramato da Cora e Regina al fine di comandare l’Oscuro, va a scatafascio, nonostante i piani di Snow e David e, sulla torre dell’orologio, lì dove Tremotino da New York rivela essere il nascondiglio del terribile manufatto, Cora se ne impadronisce, uccidendo l’innocente Joanna.
Questo shock, con la morte dell’ultima persona che le ricordava il suo passato, scuote talmente Snow che è spinta a riconsiderare tutte le scelte compiute in passato. Se avesse deciso di giustiziare Regina o di non abbandonare Emma, se non avesse sempre concesso un’ulteriore possibilità ai suoi nemici di pentirsi e cambiare, ora forse la sua vita sarebbe molto meno desolata e non avrebbe dovuto sacrificare tanto. Persino poco prima che Cora uccidesse per pura crudeltà Joanna aveva concesso a Regina la possibilità di tornare sui suoi passi. In questa riconsiderazione del suo comportamento e della sua stessa natura viene tutto messo in discussione. Perché il bene è sempre l’unica cosa da fare se comporta sempre tante sofferenze? Non è una domanda da poco e sembra il nodo che viene al pettine in molte serie, soprattutto quelle basate sul fantastico, in cui la contrapposizione fra il Bene e il Male è canonica. Solo un attimo ancora su questa scena, per constatare il ruolo assolutamente accessorio di David, almeno per ora: il punto, il cuore della vicenda, è Snow. Centrale è la sua scelta quanto quella di Eva, con Adamo sullo sfondo ad annuire. No, tanto per dire.
Regina sembra a suo agio nel male, ma non abbastanza, in fondo: forse le parole di Snow un poco hanno scavato. Infatti, il problema non è tanto quanto non le abbia dato soddisfazione il tentativo fallimentare di farsi accettare dalla comunità dei “Buoni”, quanto l’origine malata di tutto quello che le è successo, con i progetti perversi della madre, che non hanno mai tenuto in nessun conto i suoi desideri e il suo vero bene. Nelle sue ultime scene lei sembra rendersi conto che, a quelle condizioni, lei avrà forse Henry, grazie alle macchinazioni materne, ma un Henry burattino – come lo è stata lei sempre nelle mani di sua madre – e non un Henry libero di scegliere di amarla.
Emma a New York si barcamena fra il suo nuovo suocero, il suo antico amante e il fresco ruolo di bugiarda che il figlio le affibbia. Emma ha dubitato a lungo di poter essere la salvatrice di Storybrooke, ma mai di essere dalla parte della giustizia. Infatti, nascondendo a Henry chi fosse davvero suo padre, era strasicura di farlo per il suo bene. Invece, sia Henry sia Tremotino la accusano di non essere in fondo così diversa da Regina: perché forse ha mentito per preservare se stessa da una nuova delusione da parte di Neal e non per l’interesse del bambino.
Quindi abbiamo due casistiche: aver deciso di voler essere buoni (Snow) e, a un certo punto, dubitare dell’opportunità e utilità della propria decisione, e pensare di essere buoni (Emma), senza essersi nemmeno accorti di non esserlo. A portare la bandiera della pura bontà e coerenza qui ci sono – e non può essere un caso – i bambini: la piccola Snow e Henry. Snow ha imparato la virtù dalla madre, ma Henry? Comunque, la domanda diventa: si può essere adulti, soffrire come si soffre quando si sceglie la coerente positività come regola di vita e rimanere buoni? Che cosa lo rende possibile? Perché ne vale la pena? Eh, poniamocela tutti questa domanda, che poi ne parliamo.
Tremotino risponde piuttosto bruscamente quando Henry gli chiede se deve chiamarlo nonno. “Chiamami come ti pare”. Poi, soffrendo per il veleno presente sull’uncino di Hook che lo ha finalmente raggiunto – ma Hook se ne va in giro a New York vestito così? Seriously? –, con violenza incolpa il ragazzino di tutto. Si sta preparando alla decisione che del resto già in passato aveva preventivato: uccidere Henry. Eppure rivuole suo figlio, Bael. Baelfire, che è anche Neal, e che è, probabilmente, Peter Pan. Un personaggio a scatole cinesi. Dunque Tremotino farà come Cora? Volere un figlio alle proprie condizioni, a costo di distruggere lui e il rapporto, pur di portare a termine i propri progetti di potere?
Insomma, essere buoni ha a che vedere con l’altruismo e con l’egoismo. L’altruismo costruisce, ma costa lacrime e sangue, l’egoismo distrugge, ma fa soffrire meno, prevedendo piuttosto la sofferenza dell’altro. Cosa mai dovrebbe farci scegliere per il primo? E a proposito, già che ci siamo, l’amore che cos’è?