Un’opera urban fantasy a carattere distopico che ci racconta, con la forza dell’attualità e della prossimità, una Milano cupa e sconfitta e un’interessante riflessione sull’eticità della giustizia
Attento a quel che desideri. È l’avvertimento che potrebbe precedere molte realtà distopiche, tristi esiti dell’iperbolizzazione incontrollata e dell’esasperazione di progetti e utopie, globali o oligocratici.
Nel caso di Io vedo dentro te, il desiderio realizzato, vittima poi di una degenerazione, è la possibilità di ottimizzare il sistema della giustizia, grazie alla scoperta della capacità di alcuni individui di leggere dentro alle persone, determinando senza dubbio alcuno se abbiano o meno commesso un crimine. Facile immaginare sia come l’intero sistema di burocrazia giudiziaria e penale diventi non solo sicuro, ma anche celere, sia come si possa instaurare un clima di terrore, in un mondo in cui non esistono giurie, avvocati, prove e ricorsi, ma solo accusatori (celati dietro al volto di chiunque) e un unico giudice, il cui responso è insindacabile.
Perché avere fiducia in questi individui, i cui poteri sono conferiti da una rara malattia della pelle detta Xerantya? Come non mettere in dubbio la loro eticità, la loro imparzialità, e come non temere che qualcuno al potere possa manovrarli a proprio piacimento e vantaggio? Ecco allora che la Milano raccontata da Alexia Bianchini è una città cupa e sconfitta, i cui abitanti vivono di continue limitazioni alla loro libertà e alla loro spontaneità, diffidando di chiunque, mantenendo un innaturale riserbo, rispettando rigidi coprifuoco.
L’idea di base e l’ambientazione del romanzo hanno dalla loro, dunque, la forza dell’attualità e della prossimità e soprattutto offrono un ventaglio di potenziali riflessioni etiche e sociali. L’autrice sceglie di raccontarci questa nuova deprimente realtà attraverso gli occhi del giovane Christopher, uno xerosi “speciale”, perché capace di leggere dentro le persone senza l’ausilio di macchinari ipertecnologici e soprattutto di cogliere non solo la visione dell’atto criminoso, ma anche le emozioni che lo hanno motivato e accompagnato. Grazie all’animo onesto del suo protagonista e alla particolarità del suo dono, l’autrice può così inoltrarsi in interessanti riflessioni sull’eticità dell’atto in rapporto all’eticità del movente e quindi sulla soggettività, singolarità e circostanzialità di ogni reato e di ogni “criminale” e del conseguente giudizio.
Sono questi i brani più pregevoli del romanzo, accanto a quelli intensi, claustrofobici e introspettivi, che raccontano l’isolamento forzato di Cassandra – la ragazza di Christopher –, capaci di trasmettere vividamente la sua impotenza, la sua speranza che cede il passo alla resa, il nulla che avanza, divorando a piccoli e silenziosi passi la sua coscienza. Splendidi!
Questo perché la scrittura della Bianchini è “emotiva”, più interessata a portare alla riflessione e a toccare il cuore che non a essere programmatica, precisa, lineare. Probabilmente per questo motivo, e forse anche per la brevità del testo, il world building del romanzo non risulta sempre saldissimo e alcuni elementi – anche di rilievo – sembrano non tornare o non avere una base sufficientemente solida. Volendo, si potrebbe immaginare come siano andate le cose, “tappare i buchi”, supporre i nessi e gli antefatti, ma se fosse stata l’autrice a narrarli e a spiegarli bene, avrebbe regalato qualche soddisfazione in più al lettore e conferito maggior fondatezza alla trama, perché in questo modo rischiano invece di prendere l’inconsistente forma della supposizione o, peggio, della giustificazione.
Ma è facile cogliere come la struttura del romanzo, segnata da queste leggerezze e da qualche forzatura nella caratterizzazione dell’antagonista, sia per l’autrice non il fine della sua scrittura, ma il mezzo per farla arrivare ai lettori ed emozionarli:
Misera esistenza dietro le sbarre. Il nulla ti inghiotte, non se nessuno, se non esisti per nessuno.
«Sono solo il ricordo di una femmina innamorata.»
La voce di Cassandra riecheggiò sui muri crudi della sua cella.