Una neo scrittrice. Un romanzo dalle grandi aspettative che non riesce a coinvolgere il lettore.
Quando si dice la delusione! Il sostituto, romanzo d’esordio dell’americana Brenna Yovanoff, aveva sulla carta tutti gli elementi per essere un signor libro: una trama che sa di gotico e di horror, un protagonista misterioso e maledetto e, persino, una copertina accattivante. Buttarsi a capofitto fra le pagine di questa storia è stato facile ma quello che è stato difficile è stato proprio arrivare all’ultima pagina.
Perché, nonostante tutto, Il sostituto non riesce a mantenere alta la tensione. Solo i primi due o tre capitoli catturano: un ragazzo che è consapevole della sua diversità e le mille difficoltà che deve affrontare ogni giorno (non può stare a contatto col ferro, vedere il sangue o sentirne l’odore, entrare in luoghi consacrati e suo padre è persino il Pastore di Gentry). Caspita! Senza dimenticare che il famigerato “marcio” di Gentry del sottotitolo non è tanto in quello che c’è realmente sotto la città ma nel fatto che tutto il paese sa dell’esistenza di questi esseri/demoni che arrivano di notte a sostituire i loro piccoli; ovviamente alcuni intuiscono chi sia Malcolm in realtà, ma nessuno dice nulla e il ragazzo è costretto a barcamenarsi fra il restare in disparte per non farsi notare e cercare di condurre una vita “normale”.
Allora, cosa non quadra nel romanzo? Nulla da togliere allo stile dell’autrice, che è semplice e diretto; il vero fulcro del problema è nella superficialità con cui la Yovanoff affronta la storia e i suoi personaggi. Tutto resta aleatorio, insapore, come se l’autrice stessa avesse paura di andare veramente a fondo nel marcio di Gentry. I personaggi sembrano bidimensionali, senza un minimo di approfondimento emotivo, col risultato che le loro azioni sono quasi forzate e, proprio nel culmine della storia, prive di senso.
Il bel protagonista (pur avendo colori dei capelli e degli occhi molto particolari è considerato da molte ragazze un bel tipo) è completamente in balia degli eventi e segue il corso della storia senza quasi alzare un sopracciglio. Idem per quel senso di marcio e di macabro che dovrebbe pervadere Gentry e i suoi abitanti. Infatti, la Yovanoff non riesce a utilizzare a suo favore personaggi secondari ripugnanti, che in mano ad un altro autore sarebbero diventati dei nuovi Cappellai Matti, It o Eric Draven. Alcuni passaggi avrebbero sul serio fatto sussultare il lettore per lo spavento, ma la scrittrice proprio non riesce proprio a cristallizzare questi momenti e ad utilizzare l’elemento sorpresa; invece di stuzzicare la fantasia e lasciarci intuire cosa c’è dietro la porta del terrore, la lascia spalancata. Dulcis in fundo, il finale è troppo affrettato e ambiguo e il morale di questa favola (nera) è sicuramente troppo banale! Insomma, tanta potenzialità mal utilizzata.
L’autrice
Brenna Yovanoff debutta con Il sostituto, che diventa subito un Bestseller nelle classifiche del New York Timese viene tradotto in quasi venti lingue. Ha un Master in Scrittura creativa, e vive con il marito a Denver, nel Colorado. Nel suo sito web, scrive di sé: Sono brava a calcio, con i videogame violenti e a fare torte di pasta sfoglia. Ballo male, non so prendere decisioni né ispirare fiducia come figura autorevole. Credo che sia dovuto al fatto che sono bassa e che non riesco a dare l’impressione di sapere di cosa sto parlando. Sono stata istruita a casa fino a quindici anni, cosa che probabilmente ha condizionato la mia visione del mondo in un modo che non riesco a comprendere. Inoltre, mi piacciono da matti le parentesi. (Davvero.)