Il labile confine tra la verità e la menzogna è uno dei temi centrali del La Città delle illusioni, romanzo del 1967 di Ursula K. Le Guin, che la casa editrice Gargoyle ha deciso di pubblicare, rispolverando un libro che va ben oltre la fantascienza.
Romanzo di formazione, con una forte componente introspettiva e simbolica, La città delle illusioni non è sicuramente un libro di semplice lettura, ma proprio in questo sta il suo fascino, in una scrittura che mira a scavalcare le apparenze.
Terzo libro — in ordine di uscita e non cronologico — de “Il Ciclo dell’Ecumene”, la Città delle illusioni racconta di un viaggio, che dal livello fisico ed esperienziale, trapassa in quello più introspettivo, al punto da assumere contorni onirici. Gli echi letterari sono numerosi: il primo e più lampante, anche per una certa somiglianza nel ritmo, alquanto rallentato, è al primo libro de Il signore degli anelli di Tolkien, anche se i riferimenti a tematiche dell’intera trilogia sono diverse, in particolare, relativamente al tema della ricerca. Il secondo riferimento riguarda un’altra grande opera: quell’Alice nel paese delle Meraviglie di cui il lavoro della Le Guin condivide le situazioni stranianti, calati però in una dimensione decisamente più cupa. La narrazione, lucida, ma allo stesso tempo, come riflessa da uno specchio deformante, si collega a esperienze di un profilo letterario e culturale di un certo pregio.
Protagonista della vicenda è un umanoide che viene ritrovato da alcuni uomini nella foresta orientale di un pianeta abitato dagli uomini. L’essere non ha alcuna cognizione di sé e, malgrado l’aspetto poco rassicurante, viene accolto dalla famiglia Zove, dove, per alcuni anni, ha la possibilità di apprendere molte conoscenze. A un certo punto, però, l’umanoide, che viene chiamato Falk, viene indotto da Zove a intraprendere un viaggio a Ovest, alla volta della città di Es Toch, per ritrovare la propria identità rimossa. Durante l’itinerario incontrerà una serie di personaggi, importanti per la sua ulteriore consapevolezza delle dinamiche del pianeta. Una serie di vicissitudini lo portano, infine, a contatto con gli Shing, creature di natura aliena che sembrano dominare quel mondo in cui la libertà degli uomini sembra relativa, e a partire da questo contatto Falk avrà in mano le chiavi della proprio esistenza.
Falk è il protagonista del romanzo. Tutti i personaggi che gli ruotano attorno perdono spessore in confronto a lui, l’umanoide “in cerca di se stesso”. Ed è proprio il tema dell’identità uno dei “fondamentali” del romanzo. Il protagonista attraversa varie fasi della costruzione dell’identità: dalla prima, in cui, come un bambino, apprende i rudimenti della vita, all’amore, passando agli interrogativi su se stesso. Falk vuole capire chi è, che cosa c’era prima delle tenebre da cui sembra essere nato; fuori da queste tenebre, vuole farsi accarezzare dalla luce di una ragione che si rivela in tutta la sua complessità. Anche se l’umanoide sembra coinvolto in situazioni kafkiane, a differenza degli anti eroi cari alla letteratura novecentesca, ha nel DNA un eroismo che fa presagire un’origine “speciale”. Falk, i cui occhi gialli sembrano quelli di un gufo, sembra essere destinato a qualcosa di grande; ed è nella complessità e nella scissione della sua personalità che si esprime la sua mente, che, all’inizio, ha un qualcosa di primitivo.
Il tema dell’identità si collega a quello della manipolazione della mente e al condizionamento, già oggetto di un classico della letteratura americana come Fahrenheit 451 di Bradbury, e ancora prima nel 1931 quel Nuovo mondo di Huxley in cui viene somministrato il soma, droga utile a mantenere il controllo dell’umanità. Con la Le Guin il piano fantascientifico incontra quello antropologico. E ancora, il rapporto tra menzogna e verità, tra sogno e realtà, tutte separate da un labile confine o, forse e più probabilmente, due facce della stessa domanda. Non a caso l’autrice, che riesce a instillare nel lettore più domande che risposte, ha la capacità di lasciare sempre in sospeso qualcosa, dando quindi al lettore strumenti d’interpretazione che sono ben lontani dalla verità e che riesumano una problematica archetipica della letteratura: chi/cosa è veramente l’uomo, ma soprattutto, qual è il senso della sua esistenza?
Come si è già detto, un altro tema centrale sviluppato ampiamente nel romanzo è quello del viaggio, e viene trattato attraverso una descrizione minuta dei paesaggi che il protagonista incontra, insieme a personaggi, ora benigni – il ricettivo, un anziano solitario che gli fa dono di una slitta, gli apiculturi – ora maligni – i Bassnaska, ecc. Il viaggio è anche quello che realizza dentro di sé, mano a mano che fa esperienze diverse, più o meno sconvolgenti. Negli incontri che realizza di volta in volta si ravvisano quelli dell’Alice di Carroll, anche se l’elemento straniante, almeno durante il percorso seguito all’interno della foresta, non è ancora presente, o meglio, è latente. Irrompe, però, quando Falk incontra gli Shing: da questo momento la realtà si confonde con il sogno, situazioni in cui è protagonista assumono contorni sfumati, sfociando nel grottesco, esattamente come in Alice. Ma se la ragazzina alla fine trova una propria effettiva dimensione, il personaggio della Le Guin continua a mantenere qualcosa di indefinito, paradossalmente realizzato nella scissione della personalità, provocata proprio dall’ipnosi, che avrebbe dovuto agire sul ripristino totale della reale identità del protagonista. Ma non sempre gli eventi vanno come previsti…
Una scrittura, quella delle Le Guin, che instilla quesiti, anche quando le soluzioni sembrano a portata di mano. La scrittrice non svela tutto e subito, ma descrive e lo fa con uno stile che evoca i grandi autori. Il ritmo lento è finalizzato a un scoperta che si realizza step-by-step, in un certo senso è una strategia per collocare il lettore sullo stesso piano di Falk. A differenza dei libri contemporanei, in cui il dialogo è la tecnica privilegiata nella costruzione della storia, qui prevale un’altra tecnica, che per i lettori meno avvezzi a uno stile snello può risultare non di facile approccio. Nel complesso il romanzo della le Guin non è certamente facile, anzi. Supera il fantascientifico, genere cui appartiene, sconfinando nell’introspettivo e nel romanzo di formazione. Inoltre vi è una forte componente simbolica, che realizza un felice connubio con la lucida capacità di analisi, di una penna che sa andare ben oltre le apparenze e i complessi meccanismi della mente.
L’autrice: Ursula K. Le Guin (1929)
Figlia dell’antropologo Alfred Kroeger e della poetessa e romanziera Theodora Kroeber, la Le Guin è una dei rari esponenti della letteratura utopica contemporanea. Vincitrice di cinque premi Hugo e di sei premi Nebula, con La spiaggia più lontana ha conquistato, inoltre, il National Book Award, ovvero il più prestigioso riconoscimento dell’editoria Usa. Tra le sue opere: La mano sinistra delle tenebre, Il mondo della foresta, I reietti dell’altro pianeta.