True Blood 5×08 “Someone I Used to Know”

Mettersi al posto degli altri. Entrare nelle loro scarpe, come dicono gli Americani.

Oppure uscire dalle proprie e trovarsi stranamente bene. “Evolversi” come direbbe Bill. Questo sembra essere il tema di questo episodio di True Blood, che può essere considerato un ulteriore passo di risalita di livello di questa stagione.

Consideriamo come accolta, registrata e accantonata la dose settimanale di sangue spillato da calde giugulari più o meno consenzienti, di danze appassionate con spargimento di curve attorno ai pali al Fangtasia, di ormoni da sesso e combattimento fra lupi metaforici e non – possiamo dire che la storyline dei licantropi un poco annoia? – quel surplus di cui godere in questa puntata potrebbe essere il vaudeville del doppio Sam. La povera Luna, ferita in ospedale, per motivi non chiari a causa della misconosciuta fenomenologia dei mutaforma, si trasforma non più in un animale, ma in Sam. Per cui si dà il via al gioco: la guardia che ha appena salutato il buon Merlotte, se lo vede uscire dalla stessa stanza d’ospedale, che ancheggia e sclera proprio come farebbe una ragazza, mentre le sue considerevoli terga fanno ciao dalla striminzita camicina dell’ospedale. Sam Trammel si diverte e diverte. Meno male.

L’altra carta sicura su cui si può scommettere è Lafayette, che inscena l’altro capitolo del vaudeville, mentre recita la parte del sensitivo, con tutte le gag classiche, tranne poi rendersi conto che c’è poco da fingere, perché lui coi morti ci può parlare davvero. Cioè, noi lo sapevamo, è lui che se ne deve convincere. E quindi anche la storyline di Terry e dell’Ifrit ha una sua ragion d’essere per ora. Infatti lo spirito della donna assassinata in Iraq svela quale potrà essere la fine della maledizione: Terry dovrà uccidere Patrick o il contrario. E ok. Abbiamo però visto Lafayette vestire panni fittizi e trovarcisi alla grande. Di tutti gli altri piccoli tasselli che si aggiungono al mosaico generale, sempre numerosissimi in True Blood, forse anche troppi, alcuni si possono sottolineare.

Quando Sookie vuole rinunciare alla sua magia per essere una persona normale, è Jason, proprio lui che sembrava potesse diventare di nuovo il vendicatore degli umani contro i Sups (gli esseri dotati di poteri), a dirle che non deve essere stanca di essere una “freak”, un mostro, qualcuno diverso dagli altri. Qui troviamo proprio il buon Jason a mettersi nei panni di chi ha dei poteri. Insomma è proprio grazie ai suoi poteri che lei ha potuto innamorarsi di Bill. E qui tutti con la mascella a terra, sia noi che Sookie, perché che questo fosse un valore ce ne eravamo dimenticati. Innamorarsi così è un evento raro e prezioso. Ci si può riflettere.

Jason, avendo messo un po’ a riposo la parte di sé che lavorava di più, sta sviluppando altri aspetti della sua personalità. Ci piace, via! E comunque i poteri di Sookie servono per trovare l’assassino dei loro genitori. Seduta fatata, anzi girotondo, a cavallo fra Sogno di una notte di mezza estate e superstizione da profondo Sud degli Usa, e Sookie può tornare al momento della morte dei suoi. A sorpresa lei si immedesima anche nel vampiro che ha ucciso i suoi genitori a causa del suo sangue su un cerotto. Poco da dire: la trama fa in modo che, ancora una volta, Sookie sia sulla soglia fra i due mondi – spesso gli eroi di recente si trovano in queste situazioni (leggi Buffy, Harry Potter, Elena Gilbert), personaggi che sono la porta per due mondi contrapposti: umani e esseri magici, umani e vampiri, mezzefate e vampiri. Insomma Sookie, fata, ha potuto creare un legame con un vampiro, con scandalo dei suoi parenti. Il suo destino di tramite non si può cancellare.

Jessica finisce nella situazione scomoda di aver bisogno di essere salvata e Hoyt, perenne parte debole del menage, ora può ritrovare se stesso, emancipandosi dallo squallido gruppo d’odio: nei panni dell’“uomo” può finalmente mandare Jessica dove merita, dal suo punto di vista. I capovolgimenti aiutano a volte. E una specialista in scelte alternative è Pam, la cui faccia arrabbiata e quella felice sono uguali. Mentre Tara, quella che odiava con tutta l’anima i vampiri e quello che li riguardava, scopre che essere lupo è meglio che essere agnello, soprattutto quando si ha a che fare con ex compagne di scuola snob.

Un altro che è portato a calarsi in panni inusitati è Eric. La combriccola dell’Autorità torna strafatta dal party a base di sangue innocente. Il contatto con la divinità Lilith ha “convertito” tutti quanti. La coscienza, le convenienze, gli individualismi cadono e ogni remora morale fa una brutta fine, persino il motivo che aveva condannato Nigel alla segregazione, a causa della sua preferenza per i bambini, non ha più ragion d’essere. L’unico che non può cedere a questo new deal è proprio Eric, richiamato a usare la sua coscienza in disuso dall’apparizione di Godric. Il legame affettivo domina. Lui diventa un paladino, un dissidente, invece il morigerato Bill, portato alla mediazione e alle strategie, improvvisamente sembra trovarsi alla grande nei panni …. beh, sì, del “vampiro”. Quando Salome lo invita a nutrirsi insieme a lei di una donna innocente e con prole, lui, che aveva al tempo rifiutato di vampirizzare sua figlia per consentirle di sopravvivere a una malattia, forse si pente di quel gesto. Nel suo comportamento lui ha sempre considerato essere un vampiro come una condanna, ora sta probabilmente cominciando a considerarlo come una benedizione. Grazie a Lilith. È davvero questo che sta succedendo? Lasciamo qualche margine di dubbio, perché non si sa mai. Però l’accenno di Jason alla storia d’amore fra Sookie e Bill e questo il perdersi di quest’ultimo non staranno preludendo al riproporsi del triangolo con lei ed Eric che si riavvicinano per “salvare” Bill dalla dannazione?

Vedremo. Nel frattempo che Bill si riveli la mente strategica dell’Autorità restituisce nerbo al personaggio. Approved.

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