È già al lavoro sul seguito, ma nel frattempo Elena Cabiati rivela che il suo primo romanzo, La viaggiatrice di O, nasce dalla sua fervida fantasia, dalla passione per l’arte, per l’esoterismo e per la magia. E, dulcis in fundo, per i cartoni animati giapponesi.
Bia e Creamy sono tra le eroine che hanno lasciato un segno nella sua fantasia, accesa fin da quando era bambina. Elena Cabiati ha però trovato una dimensione peculiare, da cui è nato il suo esordio per giovanissimi, ma anche per adulti che restano tali nel cuore.
Il suo esordio rappresenta un interessante exploit per il panorama young del
fantasy italiano, grazie alla sua innata fantasia e agli interessi, coltivati negli anni, che hanno contribuito alla nascita de La viaggiatrice di O. Elena Cabiati, storica dell’arte che ama studiare il significato dei simboli nascosti nelle opere d’arte e i loro rapporti con il sapere magico ed esoterico, rivela di avere già in testa altre storie…
1. Elena, come e quando nasce La viaggiatrice di O?
Fin da bambina ho l’abitudine ad addormentarmi raccontandomi una storia, immaginando di viverla in prima persona, scoprendo nuovi mondi e vivendo sfide e battaglie. Crescendo all’amore per il fantasticare si sono uniti altri interessi: la passione per l’arte e la curiosità per tutto quello che è esoterismo e magia. Infine c’è la mia vecchia dipendenza, contratta durante l’infanzia, dai cartoni animati giapponesi: penso a Bia e a Creamy, al loro modo di raccontare storie fantastiche mantenendo un tono leggero e buffo, divertendosi a creare personaggi che sanno essere seri e ridicoli contemporaneamente.
2. La protagonista, Galatea, detta Gala, ha il nome di una ninfa. C’é effettivamente un’affinità tra le due?
Il nome di Gala ha una sua storia che verrà svelata nel proseguo delle vicende e che per questo non svelerò, posso dire però che c’è di mezzo anche Salvador Dalì…
3. Gala è una strega viaggiatrice. Qual è il senso dei viaggi che fa? E il senso del viaggio che compie nella Venezia del XVIII secolo?
I maghi e le streghe viaggianti di O percorrono i secoli per difendere le Vie nascoste nell’arte e nei suoi simboli. Si tratta delle Vie per la conoscenza, le uniche che possono permettere agli uomini di salvarsi, consumate da secoli di ignoranza dei profani e minacciate dalla sete di potere dei negromanti.
4. A un certo punto la ragazza deve scegliere un maestro e la scelta ricade su Kundo. Come si delinea ed evolve il rapporto tra i due, separati da un forte divario generazionale?
Kundo è un incrocio tra un monaco medievale e uno orientale e possiede un suo particolare aplomb che gli consente di essere saggio e zen, ma anche di adirarsi e di lanciare un sandalo in fronte a Gala. I due si punzecchiano in continuazione, ma per entrambi il loro rapporto è uno spunto di crescita e anche un modo per sconfiggere la solitudine a cui erano condannati.
5. Magia bianca e magia nera, Bene e Male si scontrano. Ma i confini sono così netti?
All’inizio della storia pare di sì: buoni contro cattivi. Poi qualcosa cambia, si svelano realtà differenti: bianchi, negromanti, profani, non sono altro che uomini, e gli uomini sono pieni di sfumature…
6. Che cos’è la magia?
La magia è la conoscenza e io credo che sia lo scopo per cui esistiamo. Qualcuno nel corso dei secoli ha pensato fosse un modo di ottenere ricchezza e potere e si è rovinato la vita alla ricerca del fantomatico Oro dei sapienti. In realtà i veri maghi e gli alchimisti hanno sempre utilizzato simboli e metafore per parlare di una ricerca sui misteri dell’universo e dell’uomo.
7. Torino, la tua città, è anche vertice di due triangoli della magia. E’ una città-ambiente, o è anche città-personaggio?
Torino in questo romanzo ha un ruolo di sfondo, è un pretesto per la creazione di un mondo dove fantasia e realtà sono intrecciate e dov’è possibile immaginare di camminare accanto a maghi, streghe e luoghi di potere. Nel proseguo della storia (se ci sarà…)*** Torino dovrebbe diventare più importante per lo svolgimento degli eventi e per il destino di Gala.
8. Che ruolo ha il Direttivo di O, ma soprattutto, cos’é O?
O è il lato misterioso della realtà. È la città dei maghi, con le sue organizzazioni e le sue gerarchie, lati luminosi ed altri oscuri, nascosta dentro la città reale fatta di strade, automobili, negozi e gente comune che vive la propria vita ignorando la magia. Ho scelto la lettera O perché è l’iniziale della parola “opera”: il riferimento è alla “grande opera” degli alchimisti, che rappresenta il fine della loro ricerca, il raggiungimento della conoscenza, dell’individuazione e dell’immortalità.
9. Nel romanzo c’è molto di te, che sei storica dell’arte. Che connessione c’è tra arte e magia?
Un tempo non esisteva l’arte per l’arte e nemmeno la bellezza fine a se stessa. L’arte era sempre al servizio di un contenuto, spesso si trattava semplicemente di una funzione celebrativa o decorativa, ma in molti casi l’arte era utilizzata per trasmettere conoscenze profonde, religiose, filosofiche e anche esoteriche. Attraverso i simboli si possono comunicare verità profonde, quelle che è impossibile tramandare a parole, perché le parole non sono sufficienti ad esprimerne la complessità. Non è un caso che gli alchimisti si facessero chiamare “artisti”, inoltre molti pittori, scultori e architetti erano appassionati di magia e le loro realizzazioni artistiche ne erano intrise. Le cattedrali gotiche, per esempio, sono l’espressione del misticismo medievale e sono un saggio di conoscenze esoteriche, ma anche i pittori del Rinascimento basano le loro opere sulle teorie neoplatoniche, piene di rimandi al sapere astrologico, alchemico e via dicendo…
10. Nello scrivere La viaggiatrice che cosa hai voluto valorizzare e cosa hai evitato di fare?
Avevo già scritto un romanzo di genere fantastico che non aveva suscitato l’interesse delle case editrici. Quando ho scritto La viaggiatrice di O ho cercato di far tesoro dell’esperienza precedente, e ho provato a essere più vera, a scrivere con lo stesso tono ironico e buffo con cui sono abituata a comunicare, anche se sapevo che poteva essere rischioso, perché i romanzi fantasy tendono ad avere un tono epico e a prendersi molto sul serio e sapevo che i lettori che amano questo genere avrebbero potuto irritarsi… e alla fine invece credo che tra gli elementi che sono piaciuti ci siano stati proprio la leggerezza e l’ironia.
11. Come vedi la letteratura fantastica in Italia.
Penso che stia arrivando uno tzunami di fantasia che travolgerà tutti i parrucconi seriosi, lagnosi, autoreferenziali e iperrealisti. La mia generazione è cresciuta con la Storia Infinita, con Steven Spielberg, con Guerre stellari, con Capitan Harlock e con Walt Disney… e poi è arrivato come un ciclone Harry Potter, e la sua più grande magia è stata quella di sdoganare la letteratura fantastica, che prima era destinata solo ai ragazzi , ed è arrivata Licia Troisi e ha risvegliato l’interesse delle case editrici che ora cominciano a dar fiducia agli autori italiani. Credo che dovremo ancora maturare molto per diventare competitivi col panorama anglosassone, perché loro hanno una lunga tradizione narrativa fantastica che affonda le radici nel Romanticismo, ma noi abbiamo un grande entusiasmo e forse la contaminazione tra la tradizione classica italiana e il genere fantastico potrà dare dei risultati originali e innovativi.
12. La viaggiatrice proseguirà? Se sì, ci puoi anticipare qualcosa?
Spero proprio di sì… in realtà ci sto già lavorando… ma non anticipo nulla, perché potrei ancora cambiare direzione in ogni momento!
13. Hai altri progetti in cantiere? Se sì, sono sempre legati al fantasy?
Ci sono almeno un paio di altre storie che vorrei avere la possibilità di raccontare, anche se purtroppo le idee viaggiano molto più rapidamente della penna, o della tastiera di un computer. Si tratta di narrativa fantastica, ma mi piacerebbe riuscire a raccontare una storia dove realtà, immaginazione e magia si intreccino in modo tanto stretto da non essere più distinguibili. Ognuno ha un proprio mondo interiore a cui attinge per scrivere e il mio è un mondo che non può fare a meno della fantasia.