Il “cupio dissolvi” della Cacciatrice – Buffy 5×07

L’episodio Fool for Love (Pazzi d’amore), il 5×07 di Buffy The Vampire Slayer, è uno dei migliori della serie, a parere di chi scrive.

Ebbene, oggi è il giorno in cui ho deciso di capire perché. 

Per chi non si ricordasse la puntata qui c’è un video che ripercorre il suo momento saliente: un dialogo a suon di colpi tra Buffy, la cacciatrice, e Spike, il vampiro inglese. Come comunicare il fascino di questi due personaggi senza scriverci un volume? Buffy, in questa quinta stagione  in cui la troviamo, è a un bivio. Nel suo passato c’è la rottura con il suo grande amore impossibile, il vampiro con l’anima Angel, ci sono diverse apocalissi; c’è il tentativo di costruirsi una vita normale attraverso il suo rapporto con un rassicurante umano, Riley, c’è sempre il legame fortissimo con i suoi amici: Willow e Xander, con il suo mentore e Osservatore Giles, ma c’è anche una misconosciuta tendenza ad amoreggiare con la sua parte oscura.

Buffy preferisce la lotta; i luoghi bui dove può esercitare la sua violenza quotidiana sulle forze del male, contro le quali lei, come cacciatrice, è l’unico baluardo. Non è più la luminosa, leggera, ironica, forte e un po’ superficiale ragazza ‘iperpotenziata’ che abbiamo conosciuto nelle prime stagioni. È stata appena battuta da un normalissimo vampiro che è riuscito a farle male, e lei non capisce come sia potuto accadere dato che non si è mai sentita più forte di così. Nel frattempo sta fronteggiando la malattia della madre, vittima di un tumore. La vita super-naturale è confrontata molto significativamente alla concretezza dolorosa della vita normale.

Un’emissaria delle Potenze del Bene è tentata da uno strisciante nichilismo che si bea di violenza; ma è abbastanza intelligente da chiedersene il motivo, dato che sente la sua vis indebolita.

Nell’inizio dell’episodio lei dialoga con Giles chiedendosi come sono morte le altre cacciatrici, accusando il fatto che non ci siano notizie nei diari degli Osservatori, né ci sono testimoni… finché non si rende conto che — per cercare di capire come mai, pur essendo così potenti, le cacciatrici prima di lei sono morte tutte tanto giovani — lei ha qualcuno a cui chiedere, un testimone diretto: Spike, il vampiro ossigenato, detto anche Capitan Perossido (è lui che nel Buffyverse ha influenzato all’epoca Billy Idol e non il contrario). Infatti, è stato lui a uccidere non una, ma due cacciatrici.

E arriviamo alla star dell’episodio: Spike. Arrivato nella seconda stagione per essere il nemico di poche puntate, è rimasto nello show a furor di popolo. Un successo dovuto al personaggio che gli è stato disegnato addosso, ma soprattutto alla bravura dell’attore (James Marsters) che ne ha fatto un capolavoro. Perché? Perché è un personaggio incredibilmente sfaccettato, come pochi (o nessuno); è potente, eppure è anche spesso immiserito dalla sorte e da nemici più forti di lui: lo abbiamo visto vittima sfortunata, dal suo arrivo in poi, non solo di Buffy — da cui è stato battuto più volte — ma anche dell’Iniziativa, una sorta di squadra segreta governativa contro i mostri, che nella precedente stagione l’ha catturato e gli ha impiantato un chip nel cervello che gli procura dolore ogni qualvolta sta per ferire un umano. Incapace di far male, ridotto all’ombra di se stesso, il vampiro capisce che se vuole esercitare un po’ di sana violenza può farlo solo all’interno della squadra della cacciatrice contro i demoni che sono i nemici naturali di lei. È dunque un alleato riluttante; un mezzo vampiro che a volte è utile, ma di cui non ci si fida mai, sempre sulla soglia fra bene e male.

Questo episodio è splendido anche grazie ai preziosi flashback che ci fanno capire meglio, finalmente, chi lui sia: infatti vediamo la scena della sua ‘vampirizzazione’ a opera di Drusilla; il suo battesimo del fuoco quando uccide la sua prima Cacciatrice — una cinese al tempo della rivolta dei Boxer nel 1900; il rapporto conflittuale con il perfido Angelus che è anche il suo mentore, insomma la sua trasformazione da poeta romantico a serial killer volenteroso ed entusiasta. Nel mezzo le mortificazioni da parte di chi ha rifiutato, schiacciato e deriso la sua natura limpida e sensibile: Cecily — la prima donna di cui si fosse innamorato — e Angelus, colui che avrebbe dovuto guidarlo e invece lo tortura psicologicamente.

William: Io so di essere un cattivo poeta, ma sono una brava persona e vi chiedo solamente di guardarmi con altri occhi.
Cecily: Io vi vedo benissimo, è questo il problema. Non significate nulla per me, William. Siete troppo inferiore.

Ironia, meschinità, forza, autocommiserazione, rabbia, capacità di amore e devozione senza limiti, opportunismo, senso di sfida, intelligenza: tutte queste caratteristiche creano un personaggio mai banale. Da questa figura che cerca di sopravvivere nel sottobosco dei demoni che prosperano a Sunnydale e che collabora ogni tanto con la Scooby Gang, come una sorta di informatore della Polizia, in fondo disprezzato, Buffy cerca di carpire il segreto della vulnerabilità delle cacciatrici. Perché nonostante la loro potenza muoiono? Che cosa le sconfigge? Il relitto, sempre però dotato del suo stile unico e anticonformista persino per un vampiro, è qualcuno che — nel sottomondo demoniaco — è un eroe, una leggenda. Non lo puoi etichettare né usare troppo disinvoltamente.

Così, nel dialogo fra Buffy e Spike al Bronze, dove lui viene comprato da un piatto di ali di pollo al peperoncino, i due combattono a parole e a suon di colpi. Spike capisce subito che Buffy è ferita, al fianco e nello spirito, e che ha bisogno di informazioni, ma lui non le cede facilmente. I flashback ci mostrano la morte della prima cacciatrice, una ragazzina con gli occhi a mandorla, che con sofferenza e quasi con sollievo, dopo aver combattuto, porge il collo al vampiro. E poi uno splendido Spike punk nel 1977 combatte con una cacciatrice nera in una vagone in corsa della metropolitana di New York. Le scene sono costruite in modo da incrociarsi, come se combattendo e uccidendo la donna, Spike parlasse con Buffy, spiegandole che il punto non è come lui abbia vinto, ma come loro abbiano perso.

Intuito, profondità di introspezione compatibili con un poeta caratterizzano William il sanguinario: non è da tutti capire che il punto debole delle cacciatrici è il loro desiderio di morire. Corteggiano la morte; la costruiscono giorno per giorno, pensando continuamente a quell’attimo in cui l’obiettivo che in fondo alla loro vita luccica sinistramente sarà raggiunto. Le cacciatrici sanno che la loro vita è breve. Sono strumenti che non possono ribellarsi al loro destino; custodi dell’umanità votate solo a combattere i demoni, educate per questo dai loro osservatori, non possono costruire legami, possono solo allenarsi per essere forti e imbattibili. Ma amoreggiano con quell’attimo in cui assaporeranno la pace. ‘Death wish’, ‘desiderio di morte’, o ‘cupio dissolvi’ alla latina.

In più Spike ha anche compreso come mai Buffy abbia resistito più tempo delle altre: lei è una cacciatrice alternativa — come un po’ alternativo rispetto agli standard è anche il suo Osservatore — per questo lei convive con sua madre e sua sorella; ha degli amici che la sostengono e la aiutano e per cui darebbe la vita. Lei non è sola, non si è lasciata isolare come le altre, per questo è più forte, ma non durerà a lungo — prevede Spike. Infatti, prima o poi anche lei cederà alla danza attraente con la morte e allora, dice, lui sarà lì, e sarà un bel giorno. Sul viso di Buffy (l’indimenticabile Sarah Michelle Gellar) la drammatica comprensione si tinge di costernazione: sa che è vero. L’oscurità, la violenza che permeano le sue notti solitarie di pattuglia ora le riconosce per quello che sono, il vagheggiamento inconscio della fine di quella vita fatta di responsabilità e sacrificio, nonostante l’amore e la luce che la guidano. L’oscurità sta vincendo nonostante tutto e lei ci si trova inquietamente a suo agio.

Buffy guarda Spike con disprezzo e con interesse; in maniera sottile e nauseata subisce il suo fascino. Lottando, come sottofondo alla conversazione, parlano la stessa lingua: violenza; rabbia e misurazione della propria e dell’altrui forza. Una lotta che è come una danza, per Spike: la danza della morte che è un corteggiamento.

Spike: La lezione è finita, chissà se ti è piaciuta quanto è piaciuta a me.
Buffy: Togliti dalla mia vista, Spike. Adesso.
Spike: Oh, ti ho spaventata. La cacciatrice! Fa qualcosa, colpiscimi. Un bel cazzotto, so che ne hai voglia.
Buffy: Vorrei farlo.
Spike: Anch’io. Fammi divertire un po’ Buffy, fallo.

Il vampiro dark che uccide la cacciatrice nella metropolitana è come se avesse un amplesso con lei. Anche l’uccisione della cacciatrice cinese si era consumato in un abbraccio. Eros e Thanatos, amore e morte. Il tuo nemico è quello da cui vuoi carpire finalmente il tuo scopo; combatti per poter cedere alla fine, perché in fondo in fondo lo desideri. Ecco il tallone d’Achille delle Prescelte.

E per Spike? La Cacciatrice è per lui come la fiamma per la falena. Quando lei lo colpisce, non abbastanza forte, lui è quasi preoccupato. Nei flashback si vede Drusilla che gli rinfaccia di essere circondato, intriso della Cacciatrice, sebbene loro si siano allontanati migliaia di miglia da Sunnydale. Spike ancora non capisce di essere innamorato di lei, ma riconosce la fascinazione reciproca quando la incontra. Hanno già combattuto spalla a spalla, lei lo ha già risparmiato più volte. Lui in fondo la ammira. Volere la sua morte fa parte del gioco, senza questo gioco oscuro che razza di vita sarebbe? Eppure quando lui, fra un colpo e l’altro, tenta di baciarla, lei lo respinge con disprezzo.

Buffy: Che diavolo stai facendo?!
Spike: Coraggio, lo so che lo vuoi. So che vuoi ballare con me.
Buffy: Ne sei proprio sicuro? Non metterci la mano sul fuoco. (lo spinge a terra) Non vorrei essere come te, Spike. Non vorrei mai diventare come te. Tu sei un essere inferiore.

Questa è la terribile identica risposta di Cecily, la donna di cui il dolce William era innamorato prima di essere un vampiro. Quella a cui aveva chiesto di essere guardato con altri occhi. Lei aveva rifiutato e qui rifiuta sdegnosamente anche Buffy, ferendo Spike profondamente. Lui che si era trasformato in mostro volentieri per non sentirsi mai più così, ora soffre come se il tempo non fosse mai passato.

‘Effulgent’ è l’aggettivo che William, terribile poeta, usa nella sua poesia per Cecily. Effulgent lo definisce Drusilla quando lo guarda; scrutandolo in profondità con le sue capacità profetiche, prima di vampirizzarlo e ucciderlo, facendolo rinascere come Spike. Questo «fulgore» non vede Buffy ora e non lo vedrà per molto tempo. Spike brilla di luce oscura. Ma noi che abbiamo visto la serie fino alla fine sappiamo che sarà la luce della sua anima; ripresa per amore della cacciatrice a suon di sofferenze indicibili, che alla fine sterminerà il nemico, amplificata e irradiata da un manufatto magico.

Spike ha sempre avuto un’altra stoffa, che brilla sotto l’ironia, l’intelligenza, l’opportunismo, le buffonerie. Il materiale umano di cui è fatto non è lo stesso del suo mentore Angelus. Lui è sempre stato diverso; capace ad esempio di devozione infinita verso l’amata e folle Drusilla, finché lei non lo ha rigettato. E questo si vede nella bellissima fine di quest’episodio: il vampiro è imbufalito per la mortificazione che Buffy gli ha inflitto, vuole farla finita con lei. Si procura un fucile e, anche se sa che soffrirà atrocemente a causa del chip che gli impedisce di nuocere agli umani, va da lei per ucciderla. La trova però seduta sulle scale del retro di casa sua: in lacrime per la malattia della madre.

Di fronte a quella sofferenza il fucile di Spike si abbassa; la sua espressione infuriata si addolcisce, e — turbato per la sofferenza che vede — lui chiede subito cosa può fare per lei. Poi, le si siede accanto sul gradino, le fa un goffo pat sulla spalla e rimane lì a farle compagnia, in silenzio. Da quel momento impercettibilmente lei lo cercherà, per stare con qualcuno a cui non deve nascondere quello che è e quello che prova. Lui le ricorderà nel momento della disperazione che “La vita non è una canzone. La vita non è beatitudine. La vita è solo questo. È vivere. Ce la farai. Il dolore che senti può solo guarire vivendo. Devi continuare a vivere. Così che uno di noi sia vivo”.

E poi… e poi sappiamo come va a finire: sesso selvaggio, rigetto, tentativo di stupro, viaggio per procurarsi un’anima, un lento e faticoso percorso per cambiare e la conquista della completa fiducia della Cacciatrice. Lui sarà la sua forza, fino al folgorante finale.

Il rapporto che si costruisce fra i due è fra i più profondi, inquietanti, dolorosi, violenti, morbosi e luminosi nell’esito che si siano mai visti in tv. Niente è facile e niente è scontato. Dal tentativo del disperato Spike di riconquistare con la violenza il rapporto fatto di sesso e di necessità l’uno dell’altro, come surrogato dell’amore, fino al percorso di purificazione che lo porta quasi alla follia a causa della coscienza del male che ha procurato nella sua vita violenta di vampiro senza sensi di colpa. L’esito è un impareggiabile amore gratuito — che ha all’attivo una delle più belle dichiarazioni d’amore mai sentite — di un’originalità sconcertante; dato che ancora i fan vecchi e nuovi, mai stanchi, ancora disquisiscono se Buffy abbia mai amato Spike.

Lei ne tocca l’anima luminosa però e trasale di meraviglia: qualcuno l’ha guardato con altri occhi; finalmente. Luce e buio, vita e morte, domande e dolorosi percorsi di discesa verso dure verità. E tutto in una serie televisiva doc come ancora non se ne vedono: Buffy the Vampire Slayer.

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