Cyber-punk al femminile per Alexia Bianchini, autrice di Alter Ego. Una serie di racconti sci-fi accomunati dalla presenza di protagoniste femminili “molto speciali”, da un conflitto uomo-macchina collocato in un’atmosfera molto dark e intervallati dalle suggestive illustrazioni di Max Rambaldi.
Con il precedente lavoro, Minon – scritto a quattro mani con Fiorella Rigoni – ha in comune l’atmosfera dark e le affascinanti illustrazioni. Alter Ego, però, rappresenta una nuova tappa nel percorso di Alexia Bianchini, che si è tuffata “di testa” nella fantascienza. Anche se non mancano contaminazioni di altri generi.

Sci-fi "al femminile" per Alexia BianchiniE' una fantascienza al femminile, quella proposta da Alexia Bianchini.
E’ una fantascienza al femminile quella “proposta” da Alexia Bianchini. Dopo il bell’exploit di Minon, urban-fantasy scritto a quattro mani con Fiorella Rigoni, l’autrice milanese torna con dieci racconti racconti sci-fi, dove, nel porsi in linea con esiti già rodati nel genere, realizza un lavoro con spunti molto interessanti e accattivanti, in cui il tema uomo-macchine viene narrato secondo l’ottica femminile. Azione, tecnologia, scenari futuristici, alcuni dei quali coincidenti a un passato che si è risolto in esiti differenti rispetto a quanto raccontato dalla Storia, e la donna, già abbozzata nella letteratura di genere a partire dalla Seconda metà del Novecento, che diventa la “star” incontrastata. Ginoidi, androidi, creature artificiali femminili che sembrano rappresentare i “mille volti delle donne” e di cui l’autrice descrive l’anelito alla libertà e alla giustizia di cui sono in cerca, per sfuggire a destini che sembrano ormai segnati. Non solo, però, l’attualissima questione femminile. Anche il tema della diversità che in un’atmosfera dark acquisisce forza, nella direzione del vagheggiamento verso qualcosa di auspicato. Utopia? Speranza? Possibilità? Il ventaglio delle probabilità è aperto.
Amarezza, ma anche un pizzico di speranza in Priscilla 02, che nelle ragioni della genesi ricorda la Pinocchia di Stefano Benni. Da oggetto sessuale, la protagonista della storia diventa soggetto che prende consapevolezza di sé. Ma ben presto, la schiava meccanica dalla bellezza mozzafiato inizia a capire in maniera autonoma quello che vuole: la libertà. Perciò fugge puntando a Nabor, dove intende costruirsi una vita. Un excursus che sembra ripercorrere le tappe di presa di coscienza delle donne, ponendo anche in luce la questione del corpo femminile, reificato da un uso improprio, soprattutto nella pubblicità.
Volitiva è anche la Sissy di Assassina, una killer creata in funzione del mantenimento del potere di un politico sadico e senza scrupoli. E qui si insinua il primo dubbio: è forse la macchina più umana dell’umano, mentre il potere è disposto a scendere in un Inferno di perversioni? In questo racconto c’è una visione dell’umano truculenta, simile a quella di certi horror-movie splatter, in cui sesso e perversione sembrano attingere al De Sade delle Centoventi giornate di Sodoma.
La lotta contro gli umani è presente anche nel curioso Cyborg Lola: creatura, questa, che si esprime solo attraverso le battute di vecchi film registrate dal costruttore nella mente artificiale e che in questo caso sembra essere prigioniera di una scatola retorica, da cui sembra non avere via di scampo. In realtà, non manca un’ironia nemmeno troppo velata, che strappa, nel contrasto realizzato e nell’amarezza della condizione, diversi sorrisi.
Il passato incontra il futuro con Drusilla, una ginoide che ha il nome di un personaggio dell’antica Roma realmente esistito. Si tratta all’ultima figlia di Germanico e Agrippina maggiore (famiglia giulio-claudia). Non manca il riferimento storico al Grande Impero – che nel racconto, non è mai caduto – contrapposto a un altro contro cui è in guerra. Drusilla, scambiata per la vestale che deve officiare a un rito pagano e rapita da alcuni loschi figuri, appare come salvifica, nonché reazionaria, in quanto promotrice dell’intenzione di mobilitare gli androidi per mettere fine alla follia degli uomini.
Malattia e delirio in Dark Vision. In uno scenario catastrofico si staglia la figura della coprotagonista, Silvia, tanto più struggente quanto più sembra avere segnato il destino, funestato dalla malattia di Erzébeth. Un riferimento a Erzsebet Bàthory, considerata la più spietata serial killer di tutti i tempi e autrice di centinaia di morti. Un’altra citazione sembra essere quella della serie Ken il guerriero, rispetto all’evoluzione della malattia, che porta all’esplosione come il guerriero nipponico riusciva attraverso il tocco di punti nevralgici del corpo dell’avversario.
Uno spiraglio di luce sembra aprirsi in Amore artificiale, e anzi il finale da adito a un filo di speranza cui aggrapparsi, malgrado la ghettizzazione subita. E, per ironia della sorte, la situazione imposta dagli uomini agli androidi non perfetti diventa ragione di miglioramento. Una visione positiva, in cui all’azione distruttiva dell’uomo si oppone quella costruttiva degli androidi, in un rovesciamento di parti. E affiora anche il dubbio sulla presunta umanità degli esseri artificiali. Capaci di un amore che supera ogni confine e che non culmina in tragedia, come avviene per quelli ostacolati da ragioni create dalle convenzioni umane.
Sono non sono affronta il tema dell’identità. La creatura disattivata, gettata in una discarica, fortunata perché non è stata sommersa dal pattume, si attiva ed entra in contatto con Beryl, un’Intelligenza Artificiale con cui intraprende un viaggio. Si tratta del viaggio alla conquista della libertà. La farfalla ne è il simbolo, e il riferimento alla celebre Madama Butterfly non è un caso. L’insettucolo che ha favorito il risveglio della protagonista si chiama Chōchō, mentre la vicenda rappresenta un rovesciamento di quella della celebre opera, dal finale tragico. Qua, al contrario, c’è un inno alla vita, con uno spiraglio aperto alla speranza della ricostruzione. Echi fiabeschi con il riferimento a Peter Pan per Favola meccanica. Amanda è una fatina dotata di ali, simile a Trilly, che va nell’Al di là, dove fa una scoperta traumatica. Torna dal gruppo di amici, simili ai Bimbi Perduti della fiaba a cui è ispirato il racconto, ma decide di non raccontare la dura verità, perché questa “spezza la fantasia”.

Da "Madama Butterfly", a "Peter Pan", passando per "Pinocchia" o classici anime nipponici, tanti citazionismi
Altro scenario apocalittico, tra atmosfere steam, una Lady Mary che ricorda le damigelle ottocentesche, seguite dalla buffa Dorice, e creature che, citando il celebre capitan Harloch, richiama anche la guida di robot nipponici, tra cui, soprattutto, quelli di nuova generazione quali gli Eva di Evangelion, legati al pilota in maniera non solo meccanica, ma anche mentale. De-generazione chiude la raccolta. Il tema della malattia e del contagio torna, insieme a quello antitetico della perfezione estetica. C’è un filo sottile che lega i due temi: dalla bellezza all’obbrobrio il passo sembra breve. La contaminazione, che comporta l’isolamento per alcuni settori di Mitra, prolifera e orrendi zombi rappresentano il nemico da sconfiggere. A capo del gruppo di resistenza Yaranilde (Yara significa primavera, Nilde, guerriera), che scopre la verità degli alter ego presenti nei settori in cui è suddiviso il mondo in cui vivono le creature. E contro la contaminazione si pone la speranza della procreazione e della vita, oltre le sperimentazioni dell’uomo. Dalla vita artificiale si torna, quindi, a quella naturale, in un rimando ricco di implicazioni.
Creature artificiali femminili, forti e indipendenti, chi già di temperamento, chi per presa di coscienza. Morte, malattia, umana follia, ghettizzazione, solitudine, ma anche speranza, anelito alla vita e al rinnovamento. Paradossalmente l’uomo sembra la creatura che, negli esperimenti e nella tecnologia, esprime una coazione a ripetersi; al contrario la macchina affrancata, anziché essere una minaccia, come in Terminator, appare come portatrice di reali e positivi cambiamenti. Come se nell’essere umano si esprimesse l’istanza all’immobilità.
Le storie, che rispettano i canoni della sci-fi si leggono tutte d’un fiato. Alcune, per la complessità dei temi, potrebbero essere sviluppate nella direzione del romanzo. Un esempio Priscilla, che ha un qualcosa di incompiuto, proprio per le vicende del personaggio, ricco di suggestioni. C’è un’omogeneità di stile, contraddistinto da un ritmo fluido abbinato a una costruzione classica ma ricca di citazionismi, che rendono apprezzabili e ricchi di spunti e agganci con la realtà tutti i racconti. Una menzione di merito anche all’alternanza dello scritto con le illustrazioni di Rambaldi, che colgono in pieno nelle tinte e nel tratto lo spirito del lavoro di Alexia.
L’autrice:
Alexia Bianchini. Nata e cresciuta nel capoluogo lombardo, moglie e madre a tempo pieno di tre splendidi bambini, Alexia Bianchini, adora inventare storie e appassionarsi con i suoi pargoli ai cartoni animati di ogni genere. Appassionata lettrice fin da bambina, adora i romanzi storici e di fantascienza, ma nella scrittura si sente appagata nella poesia e nel fantasy. Ha pubblicato il romanzo Scarn, la nuova era dei vampiri (Linee Infinite editore) e in formato ebook Superciccio & Sisters (Edizioni Scudo). I suoi racconti sono stati pubblicati in diverse antologie e lei stessa è la curatrice di diversi progetti editoriali; la sua più recente fatica in questo senso è Symposium, una raccolta antologia di novelle a carattere fantastico edita da GDS. Attualmente è direttore editoriale della casa editrice Lite – editions, specializzata nella pubblicazione di novellistica di carattere erotico, ed è il direttore del webmagazine “Fantasy Planet” (Casa editrice La Corte).