Sangue e paura caratterizzano le storie di Cristian Borghetti che realizza i suoi racconti a colpi di intesa tra bene e male.
La passione per la letteratura gotica, horror e gialla dell’ottocento e uno stile gotico, frutto di ricerche sul linguaggio che l’autore sviluppa e rende proprio, sono gli elementi distintivi di Tre volte all’inferno.
Alan D. Altieri di lui dice che è “la nuova frontiera del gotico”, mentre Borghetti ama definirsi uno scrittore “eroicamente naif”. Cristian Borghetti è nato a Lecco il 10 settembre 1970. Ha studiato Filosofia Estetica all’università di Milano. Nell’ottobre del 2006 ha pubblicato la raccolta Ora di vetro, Montedit, ma il suo vero lancio lo trova con la sua ultima pubblicazione Tre volte all’inferno edito da Perdisa Pop.
Tre volte all’inferno è una raccolta che conta tre romanzi brevi. Oscurità, paura, sangue e sesso sono gli elementi che si intrecciano nelle macchinose trame create dalla mente di Cristian Borghetti. Ne Il bacio della medusa (il nero veleno è già nei tuoi occhi), uno spietato assassino si aggira per la magione di Bosco Oscuro. Il colonnello Flauros Ferramano indaga e giunge sulle tracce del suo antico nemico, Asmodeo Colonna, uomo di potere che nasconde un terribile segreto. Il canto di Lucifero (ballata in Dio minore) è ambientato nella Parigi della Belle Epoque dove vengono trucidati gli attori di una commedia, durante lo spettacolo teatrale. Il drammaturgo viene accusato dell’eccidio e arresto. Inizia così il suo delirio. Ne Il labirinto del basilisco (il sagrato, l’ombra e la paura) un uomo è tormentato da incubi: un monaco senza sguardo, un mostruoso basilisco, una torre imponente custode di un enigma.
1. Benvenuto Cristian su Urban-fantasy.it La tua vena gotica è estremamente marcata. Dove nasce questa passione?
Nasce dalla mia passione per l’ottocento; dalla letteratura gotica, ma anche gialla, horror di questo secolo straordinario; dai suoi maggiori esponenti come Stoker; Shelly; Byron; Poe; Lovcraft; Hawthorne; Stevensone poi Baudelaire; Poe; Shelly; Wilde…
2. Il titolo della tua ultima opera Tre volte all’inferno trae in inganno perché sembra che i racconti si riferiscano a uno stato dell’uomo dopo la morte, si è invece colpiti nello scoprire che sono storie in un inferno terreno, storie di umane aberrazioni. Spiegaci la scelta di questo titolo.
Il titolo nasce da un’idea di Luigi Bernardi. La decisione di unire i tre racconti in un solo volume, richiedeva un titolo che potesse identificare la raccolta, da qui Tre volte all’inferno. Un inferno terreno, tre storie di fantasia che hanno radici affondate nella realtà; in una realtà che non conosce tempo poiché sempre attuale, che passa di era in era e si ripropone.
3. La tua scrittura è quasi una poesia in versi, poesia macabra ma con un suono melodioso. Fai uso del linguaggio gotico e antico che si mescola ad atmosfere storiche, ma con capitoli brevi per favorire la lettura. Un binomio studiato?
Istintivamente studiato direi: i capitoli brevi sono stati studiati, ma sono anche prerogativa del mio stile; il linguaggio complesso “elegante” mi è proprio e lo trovo adatto per scrivere racconti in cui scene macabre o fortemente sessuali sono parte pregnante di ogni storia. Questo permette di scrivere di sessualità anche deviata; di violenza inaudita senza scadere in un linguaggio volgare o senza farne uso. Oltretutto l’uso di molti sinonimi anche desueti permette di ritrovare un sonorità e dare musicalità ai racconti. Chi ha letto “Ora di vetro” il mio primo libro conosce questa poesia macabra di cui è figlio “Tre volte all’inferno”.
4. Le scene, quelle soprattutto molto cruente, non sono mai esplicitamente descritte, tranne che nell’essenziale, ma lasciano all’immaginario del lettore. Una scelta o uno stile di scrittura?
Uno stile proprio, mi piace portare il lettore nel mio mondo e poi lasciarlo camminare… Sarà lui o lei a scrivere la storia… Sarò poi io a ribaltarne il finale, così da stupirlo e smarrirlo… Non dimenticherà mai di aver provato a scrivere lui stesso o lei stessa parte della storia…
5. Ci sono molti riferimenti alla passione di Cristo in frasi come “da me avreste in dono soltanto una spugna imbevuta di aceto” oppure “fu ciò che accadde con una croce e tre chiodi tanto tempo addietro”. Ci sono anche molti riferimenti alla mitologia greco-romani, nomi come Medusa, Cerbero o addirittura quando chiami l’inferno Ade. Perché questa doppia visione pagana e cristiana?
Perché è un dualismo che mi ha sempre attratto: bene e male esistono sempre e comunque. Sono riferimenti che vengono dai miei studi filosofici personali, dai miei interessi sul soprannaturale, del trascendente e dell’immanente, del mio interesse per il bene e il male, un dualismo ambivalente che ritroviamo in tutta la storia umana. Usare questi riferimenti mi è venuto istintivo.
6. Le donne di Borghetti sono sempre mostri sadici e cruenti con la doppia ambivalenza: umana-bellissima/crudele-mostruosa. Come mai questa visione della donna? Sono forse la metafora di Eva che induce al peccato Adamo?
La donna è il miglior veicolo della grazia come della disgrazia, è la storia ad insegnarcelo. Penso e sono convinto che la donna sia ciò che “muove il sole e le altre stelle” ma che sia anche origine di buchi neri. Inutile e semplicistico essere maschilisti in questo senso, dobbiamo essere sinceri, da uomini. La donna ci offre e ci nega; ci esalta e ci condanna. Il riferimento a Eva è chiaro: fu lei (donna) a prendere il frutto (femmina) da Samael il serpente (maschio) per offrirla ad Adamo (uomo) e disobbedire a Dio (maschile). Quindi è lei a liberare Adamo e a concedergli il frutto della conoscenza, sfortunatamente inducendolo a pagare un prezzo molto alto.
7. Sesso e orrore nel primo racconto, droga e sangue nel secondo, paura e scoperta nel terzo. Parlaci di questi elementi che caratterizzano i tre racconti.
Il sesso; la paura; il sangue; la fuga dalla realtà; la scoperta: sono gli ingredienti di una storia che vuole farsi ricordare. Sono elementi inscindibili, leganti delle scene e dei dialoghi. L’uomo nasce da un atto sessuale, nel sangue, alla scoperta, nella paura, cercando una fuga… e così muore…
8. Asmodeo è un potente demone della tradizione giudaico-cristiana che complotta per minare l’armonia matrimoniale o per sfiorire la bellezza delle fanciulle ancora vergini. È soprattutto per quest’ultima caratteristica che hai scelto questo nome per il protagonista del primo racconto Il bacio della Medusa?
Asmodeo è un demone bellissimo e terrificante, uno degli angeli più vicini a Dio, prima della ribellione. Mi ha colpito, in un dizionario medioevale, il suo ritratto… Ho subito dato il suo nome al protagonista de Il bacio di medusa… Volevo nomi diversi per i miei personaggi; nomi che si potessero ricordare come Flauros, il nome del nemico di Asmodeo Colonna… Bene e Male… Ai lettori la scoperta…
9. Nel tuo racconto però Asmodeo Colonna non è un demone ma un uomo, crudele e folle, ma pur sempre uomo. Ci spieghi la scelta di associare l’uomo al demone?
Il bene e il male sono propri dell’uomo come degli angeli: quando i caduti si scontrarono con i fedeli a Dio combatterono una battaglia violenta ed entrambi uccisero. Fu sparso sangue fraterno nel nome di una causa: giusta? Non so… La stessa cosa accade tra uomini, sempre in nome di un Dio…
10. Nel secondo racconto Il canto di Lucifero scrivi di una corona di spine messa in testa al prigioniero. Non fai mistero che il prigioniero sia colpevole allora perché vestirlo da martire?
Bene e Male, uno si veste dell’altro… Le maschere nascondono e rivelano… In questo secondo racconto la fantasia gioca un ruolo molto importante in una partita a scacchi con la morte… Ci sono Re e Regine e pedoni… Indovinarne il ruolo è la missione che lascio al lettore.
11. Nel terzo racconto Il labirinto del basilisco ho trovato molte metafore relative al peccato: Il basilisco che oltre a incarnare “il pericolo nascosto nell’inconscio che convive con la coscienza” come lo hai definito, mi fa venire in mente il serpente del giardino. Ma anche la torre, che tu stesso chiami torre di Babele, è un chiaro riferimento al peccato. Una mia interpretazione o la reale intenzione dell’autore?
Intenzione dell’autore che lascia libero arbitrio d’interpretazione al lettore. La conoscenza è la protagonista nascosta del racconto, protagonista che conosce pericoli, limiti, possibilità; che può sopravvivere o soccombere ai nemici. La religione ha spesso ostacolato la conoscenza; oggi se ne rende fautrice con lo scopo di controllarla, utilizzarla per non essere dimentica. Il messaggio è nascosto, pur essendo in noi; sta a noi scoprirlo.
12. Rispetto agli altri due, l’ultimo racconto nasconde appunto un messaggio: è il viaggio dell’uomo alla ricerca della conoscenza e il rifiuto di ciò che società e religioni ci insegnano. È corretto?
Sì, hai scoperto il messaggio… I miei studi alchemici e Rosacrociani mi hanno portato a scoprire la possibilità di poter lavorare la pietra grezza e farla diventare così filosofale. Rinnovarsi: questo il messaggio. Passando per le quattro fasi alchemiche, i quattro capitoli del racconto, l’uomo distrugge i limiti che gli sono stati imposti e rinasce da uomo nuovo, impavido, pronto a camminare sul sentiero pericoloso della conoscenza.
13. Ti lanci spesso in espressioni latine. Un vezzo o un’altra passione?
Una passione. Non ho studiato il Latino, ma è una lingua che adoro. Ho ricercato termini e locuzioni che potessero descrivere parti o scene pregne di azioni forti. Il suono di questa lingua è perfetto, a mio avviso, per descrivere e scrivere di sesso e di paura.
14. Perché la scelta di utilizzare lo scrittore che parla con il lettore in un continuo interloquire?
Il lettore scrive la storia. Io imbastisco una trama che egli o ella poi proseguono. Ad ogni capitolo io ribalto le sorti delle scene, così da smarrirlo o smarrirla, perché poi si ritrovi per perdersi ancora. Un gioco che impegna il lettore tanto quanto lo scrittore, che non lascia nulla di scontato o noioso.