Arrivati al giro di boa della prima stagione facciamo il punto sulla serie tv americana.
Dopo due settimane di pausa torniamo a parlare di Awake, serie tv americana creata da Kyle Killen per la NBC. Il serial narra la storia di Michael Britten (Jason Isaacs), un detective della polizia che rimane coinvolto in un incidente d’auto insieme alla moglie Hannah (Laura Allen) e al figlio Rex (Dylan Minnette). Risvegliandosi dopo lo scontro, Michael scopre di vivere in due diverse realtà: in una il figlio Rex ha perso la vita nello scontro, mentre nell’altra è la moglie Hannah ad essere deceduta.
Lo scorso giovedì è andata in onda la settima delle tredici puntate previste dalla prima stagione e ci sembra doveroso, quindi, provare a fare il punto sulla serie. Gli sceneggiatori sono stati all’altezza delle aspettative create dal bellissimo pilot? La risposta, purtroppo, è: no.
In questi primi sette episodi, il detective Britten ha risolto altrettante indagini, rimbalzando da una realtà all’altra e sfruttando gli strani indizi forniti dalla sua stravagante condizione. Sono stati sollevati numerosi interrogativi che hanno lasciato spazio a centinaia d’ipotesi, ma l’unico fatto fin’ora certo è che lo stato della serie è a dir poco confusionale.
Nelle ultime tre puntate (Oregon, That’s Not My Penguin e Ricky’s Tacos) il protagonista ha dato la caccia a un serial killer, ha risolto una situazione con ostaggi e ha indagato su uno strano suicidio. Tutte trame interessanti che non hanno però concesso nessuna rivelazione sulla natura del disturbo che ha colpito il detective. La continuity continua a venir usata solo per le scene finali, molto più simile a un amo lanciato per far abboccare gli spettatori, piuttosto che a un filo conduttore che dovrebbe legare gli episodi stessi.
L’onda di entusiasmo generata dal pilota è durata per alcune puntate, ma ora i suoi effetti sono inevitabilmente finiti. Il numero degli spettatori è crollato dai 6,24 milioni dell’esordio ai 2,68 dell’ultimo episodio trasmesso con addirittura un picco negativo di 2,56 per That’s Not My Penguin. Un trend negativo che rende molto concreta l’ipotesi della cancellazione.
Un fallimento prevedibile? No, decisamente no, visto il grande potenziale della serie, ma sicuramente un fallimento che si poteva evitare dando maggiore importanza allo sviluppo della trama portante e meno alle singole storie degli episodi. In poche parole: uno spreco. Restano ancora sei puntate dove speriamo che gli sceneggiatori riescano a dare il meglio di se, non tanto per salvare la serie (impresa che sembra disperata) ma piuttosto per dare una degna fine a un serial, almeno in origine, originale e affascinante.