Continua la lenta agonia delle serie targata NBC.
Lo scorso giovedì sul network americano NBC è stata trasmessa Game Day, nona delle tredici puntate previste dalla prima (e sicuramente ultima) stagione di Awake, serie creata da Kyle Killen e interpretata da Jason Isaacs. L’episodio ha fatto registrare il picco negativo negli ascolti del serial e, seppur ben fatto, la sua visione ha il sapore dell’agonia, condita con un pizzico di accanimento terapeutico.
Per chi si fosse perso gli articoli precedenti dedicati ad Awake, il serial narra le vicende di Michael Britten (Isaacs) un detective della polizia che rimane coinvolto in un incidente d’auto insieme alla moglie Hannah (Laura Allen) e al figlio Rex (Dylan Minnette). Risvegliandosi dopo lo scontro, Michael scopre di vivere in due diverse realtà: in una il figlio Rex ha perso la vita nello scontro, mentre nell’altra è la moglie Hannah a essere deceduta. Dopo un esordio da oltre sei milioni di spettori, gli ascolti sono crollati raggiungendo con Game Day gli 2,21 milioni.
Quest’ultimo episodio è incentrato su un’importante partita di football tra Los Angeles e Seattle. La partita viene giocata in entrambe le realtà ma con risultati opposti. Ogni risultato ha come conseguenza un indagine per omicidio. Nella realtà verde, dove ha vinto Seattle, un tifoso di quest’ultimi viene trovato morto vicino allo stadio con il cranio sfondato. In quella rossa, dove ha vinto Los Angeles, il proprietario di una lavasecco perde una grossa scommessa e la sua attività viene distrutta da un incendio doloso. Nel rogo muore una dipendente. Mentre Britten indaga sui due casi, deve anche gestire la sua strana situazione familiare. Da una parte, infatti, sta organizzando il trasloco insieme alla moglie, mentre dall’altra deve aiutare il figlio a riprendersi da una delusione amorosa.
Continua quindi la “svolta sentimentale” che gli sceneggiatori hanno voluto imporre alla serie. I due psicologi, che dovrebbero aiutare la riabilitazione di Michael, appaiono solo per pochi istanti e viene lasciato molto più spazio ai complicati rapporti familiari. Come già notato nell’ottavo episodio, il risultato è una puntata gradevole ma priva di pathos e suspance. L’impressione è che gli sceneggiatori si siano arresi all’inevitabile destino e stiano portando avanti la serie solo per rispettare la programmazione del network.
A questo punto la domanda è: cosa dovrebbero fare gli spettatori? Arrendersi a loro volta e smettere di seguire Awake, o continuare a sperare in un miracoloso rilancio degno delle grandi aspettative suscitate a suo tempo dall’episodio pilota?