Real Steel

La riscoperta del cinema di qualità per famiglia

È uscito lo scorso 25 novembre in tutti i cinema italiani, Real Steel, film diretto da Shawn Levy (Una notte al museo, Notte folle a Manhattan) e interpretato da Hugh Jackman, Evangeline Lilly (Lost, Lo Hobbit) e dal piccolo Dakota Goyo (già visto nei panni del giovane Thor nella pellicola di Kenneth Branagh).

Liberamente tratto dal racconto Steel di Richard Matherson, il film è ambientato nell’America del 2020, un futuro molto simile al nostro in cui il pugilato è stato sostituito dagli spettacolari scontri tra robot, gigantesche macchine umanoidi che vengono costruite, programmate e pilotate da manager specializzati. Questo è il lavoro di Charlie Kenton (Hugh Jackman), ex promessa della boxe tradizionale, che cerca di sbarcare il lunario organizzando incontri con robot di seconda categoria.

Assediato dai creditori, Charlie decide di guadagnare qualcosa grazie all’affidamento di suo figlio Max (Dakota Goyo), rimasto orfano della madre che lo ha cresciuto senza il minimo aiuto da parte di Charlie stesso. La convivenza tra i due è burrascosa finché il giovane Max non trova Atom, un antiquato robot, grazie al quale padre e figlio capiscono di non aver in comune soltanto la passione per il pugilato hi-tec.

Se siete cresciuti negli anni ’80 vi ricorderete sicuramente di film come Karate Kid e Over The Top, pellicole non eccelse da un punto di vista artistico, ma che ti spingevano a iscriverti a una scuola di karate o a sfidare a braccio di ferro tutti i tuoi compagni di elementari. Con Real Steel l’effetto è simile.

Shawn Levy ha mescolato sapientemente l’acciaio dei robot con i sentimenti dei protagonisti, creando un mix che entusiasma e commuove. Pur basato sugli scontri tra le macchine (realizzate in maniera egregia grazie ai potenti mezzi della Dreamworks), Real Steel non è un noioso sfoggio di scene d’azione. Levy mostra solo gli incontri strettamente necessari alla storia, e dedica tutto il resto della pellicola al rapporto tra padre e figlio, reso magnificamente dall’alchimia della coppia Jackman-Goyo.

Dal punto di vista tecnico una menzione d’onore se la merita la fotografia dell’italiano Mauro Fiore (premio Oscar per Avatar) che alterna le scure e fredde arene degli incontri di boxe, con i paesaggi rurali dell’America di provincia, ritraendo così un futuro positivo privo dei timori catastrofistici che troppo spesso soffocano i film di fantascienza.

Non si può certo affermare che il film sia originale. Levy ha attinto a piene mani da grandi classici come Rocky o come il già citato Over The Top, ma nonostante questo il risultato finale convince e appassiona. Non importa che la scena dell’allenamento alle primi luce dell’alba sia scontata, e non importa che l’incontro di boxe finale ricordi le dinamiche di quelli che hanno reso celebre lo Stallone Italiano. Quando iniziano i titoli di coda ti ritrovi sorridente, con gli occhi lucidi e la voglia di costruire un robot per sfidare i tuoi amici, proprio come, negli anni ’80, si tentava di replicare il calcio finale con cui Daniel-san vince il torneo. È questo quello che conta.

Real Steel funziona, funziona alla grande. Magari non rimarrà nella storia del cinema, ma di certo rimarrà nel cuore e nei ricordi dei giovani spettatori. Da non perdere.

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