Il racconto di Hoffmann e il balletto di Čajkovskij rivivono in questa versione moderna in 3D.
Il film è stato proiettato, su richiesta del regista Konchalovsky (L’Odissea), a Roma durante un’anteprima stampa ed è uscito nei cinema il 2 dicembre, perfetto tempismo che concilia un grande classico con una delle feste più importanti dell’anno. L’aderenza all’opera originale non è totale, le licenze artistiche sono parecchie. Il risultato finale è una pellicola di qualità ma con alcuni evidenti difetti.
Andrej Konchalovsky, regista del film Lo Schiaccianoci, di cui ha scritto anche la sceneggiatura insieme a Chris Solimine (Leningrad), si è misurato con un classico diventato ormai di culto. Non ha perso la sfida ma, in effetti, non l’ha nemmeno vinta su tutti i fronti. Uno dei punti a favore del film è il cast: protagonista una convincente Elle Fanning (Twixt), attorniata da John Turturro (Illuminata), Nathan Lane (Biancaneve), Frances De La Tour (Harry Potter e il Calice di Fuoco) e Charlie Rowe (Neverland).
Gli attori sono istrionici, coinvolgenti eppure, nonostante la loro indiscutibile bravura, ci sono delle lacune che nemmeno loro sono stati in grado di colmare, in quanto presenti a livello di sceneggiatura e di scelte tecniche e organizzative, non certo a livello recitativo.
La storia si svolge negli anni Venti, alla Vigilia di Natale. Mary (Fanning) riceve in dono dallo zio Albert (Lane) uno schiaccianoci di legno (Rowe). Quest’ultimo, però, durante la notte si anima e coinvolge Mary nella lotta contro il Re (Turturro) e la Regina (De La Tour) dei Ratti. I due, infatti, tengono in scacco il regno dello Schiaccianoci, attraverso una dittatura che costringe i bambini a bruciare i loro giocattoli per alimentare la fabbrica del fumo che ha ormai oscurato la luce del sole. Lo Schiaccianoci altri non è che un principe vittima del sortilegio lanciato dalla madre del Re, che lo ha ridotto ad un pezzo di legno.
Tra le licenze artistiche più eclatanti troviamo uno zio Albert che somiglia molto ad Albert Einstein e addirittura si lancia in una spiegazione della teoria della relatività per i suoi nipoti e dei rimandi a Sigmund Freud, che compare anche in un cameo all’inizio del film. Konchalovsky, però, non si ferma qui. La decisione più importante, quella che evidenzia il suo vero punto di vista interpretativo e rappresenta il suo parziale distacco dall’opera originale, riguarda la musica: accanto allo Schiaccianoci di Čajkovskij, tema dominante del film, ci sono le musiche composte da Eduard Artemiev (L’Odissea) per Tim Rice (Il Re Leone).
Questa scelta può essere un’arma a doppio taglio: se è vero che rifarsi unicamente a Čajkovskij poteva sembrare banale e riduttivo, è altrettanto vero che lo stacco tra questo compositore e Artemiev è evidente. In generale Lo Schiaccianoci dà l’idea di una pellicola a cui manca qualcosa. Il ritmo è assente a tratti e la coerenza mostra delle crepe.
All’inizio il film ha un tono da favola, ma quando la storia entra nel vivo la componente fantasy ha la meglio. Ciò non penalizza il risultato finale, ma in alcuni momenti sembra quasi che Konchalovsky non avesse ben chiaro l’obiettivo artistico da raggiungere e il pubblico a cui destinare il suo lavoro.
Forse la storia contiene troppi temi e troppi rimandi, senza avere l’eleganza del racconto originale e delle altre versioni e amalgamando il tutto con una dose di eccessiva ingenuità. Non è un lavoro da bocciare totalmente, ha una discreta qualità, però le falle sono molto evidenti e non possono passare inosservate. Purtroppo il film ha ricevuto, immeritatamente e con una buona dose di esagerazione, il “Premio per Peggior uso del 3D” nell’ edizione 2010 del Razzie Awards, che premia i peggiori film dell’anno.
La storia dello Schiaccianoci deriva dal racconto Schiaccianoci e il Re dei Topi di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1822), che venne pubblicato nel 1816. A quanto pare l’autore trovò l’ispirazione guardando gli schiaccianoci di legno decorati esposti nei mercatini natalizi in Germania ai primi dell’Ottocento. La sua opera ha uno stile molto elegante e raffinato.
Nel 1844 Alexandre Dumas riprese il racconto di Hoffamm e lo reinterpretò secondo il suo gusto, eliminando, per esempio, molti dei tratti più oscuri e inquietanti della storia. Lo pubblicò a sua nome e questa versione rimase tra le più famose nella storia della letteratura.
Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893) compose le musiche del suo Schiaccianoci tra il 1891 e il 1892. Delle coreografie si occuparono, invece, Marius Petipa (1822-1910) e Lev Ivanov (1834-1901). La prima rappresentazione risale al 1892 e si svolse nel teatro Mariinskij di San Pietroburgo. Il balletto non ebbe un successo immediato, ma la sua popolarità crebbe con il tempo.