Ha appena terminato la stesura del secondo capitolo de I misteri di Black Port, ed è già a lavoro su un nuovo progetto. Fabrizio Fortino è un fiume in piena di creatività. E sul fantasy è chiaro: bando a imitazione e cliché, sì a liberare la fantasia.
Per Fabrizio Fortino, il limite posto alla scrittura del Fantasy è la fantasia stessa. E per lui, autore e lettore appassionato, autore del primo capitolo de I misteri di Black Port, edito da Casini, “the show must go on“. Ha infatti da poco completato il secondo capitolo della saga, e già sta lavorando a un altro cimento. Ma non è finita: i progetti si moltiplicano, seguendo l’onda della sua passione coinvolgente e del suo eclettismo artistico, che lo porta a esplorare diverse forme ed espressioni artitiche. “Follia?” dice lui “Io la chiamo passione”.

Fantasia ed eclettismo artistico per Fabrizio FortinoNessuna follia nel suo fare artistico, conndito da contaminizioni attinte a diverse discipline artistiche in cui si cimenta. La passione è il primo motore mobilissimo di questo autore entusiasta, ma anche attento e scrupoloso curatore di dettagli, come si nota nel suo ottimo lavoro d'esordio.1. Fabrizio quando e come nascono I misteri di Black Port?L'idea che ha portato allo sviluppo de I misteri di Black port come romanzo, nasce qualche anno fa. A quel tempo, insieme a un gruppo di amici, cercavamo un'ambientazione per un gioco di ruolo e per un wargame. Solo dopo molti tentativi individuammo quello che poi sarebbe divenuto il background di questa fantastica avventura. Black Port nasce da una domanda e da una passione. Tutto è cominciato osservando la stele di rosetta. Mi ha sempre incuriosito la sua parte superiore spezzata, tanto da farmi porre la domanda: “Chissà cosa c'era sopra la parte mancante”. Poi mi sono detto, perché non inventare qualcosa di plausibile che possa giocare a mio favore? Il resto è venuto da sé. Il periodo storico è quello che preferisco, ho infatti una passione viscerale per l'epopea Napoleonica e per tutto quello che la circonda. La contaminazione fantasy era d'obbligo visto e considerato che ho appreso l'amore per la lettura e per la scrittura proprio dai grandi autori di questo genere. Tutto è venuto da sé: una volta strutturata la storia di base, si è presentata la necessità di ideare dei personaggi che si muovessero in quella fitta trama che si andava via via delineando. Così sono nati Jack e Bob.2. C'è una ragione specifica che ti ha portato a scegliere l'ambientazione dell'Inghilterra vittoriana e di questa città di porto, che è anche città di confine e in sintonia con atmosfere e stati d'animo che ci trasmetti?L'era Napoleonica prima e quella Vittoriana poi, sono per me una fonte inesauribile di materiale. Mi diverto a spaziare dall'aspetto bellico a quello uniformologico (i miei preferiti), fino ad arrivare a quello artistico e letterario. Tutto ha avuto inizio in quella manciata di anni, i principi della Rivoluzione Francese sono ancora forti e attuali ai giorni nostri. La storia si svolge qualche anno dopo la morte di Napoleone, in una città portuale sita sulla costa ovest dell'Inghilterra. È difficile descrivere questa città, perché Black Port, o meglio gli oscuri vicoli di Black Port, non sono nella mia mente… sono la mia mente. Contorta, oscura, complessa. Ogni vicolo una scommessa con il destino. Ho partorito questa città senza nessuna ispirazione. Black Port è unica, non credo ne esista una uguale. Sa essere affascinate e pericolosa allo stesso tempo. Si parte da una location dove i vicoli la fanno da padrone, vicoli che pullulano di vita, dove tagliagole, ladri, mendicanti sono i padroni indiscussi. Una parte della città pericolosa e oscura. C'è il porto, dove centinaia di lavoratori, scaricatori, marinai, si accalcano per svuotare le stive delle navi in maniera confusionaria e caotica. In netto contrasto con questa ambientazione, a mano a mano che ci si sposta verso sud, sulla riva opposta del fiume, troviamo la cittadella. Qui tutto cambia. Ville suntuose e giardini curati si sostituiscono alle vecchie catapecchie e alla puzza di pesce marcio.3. La stele di rosetta, chiave di volta dei misteri che andiamo a scoprire. In che modo realizza il nesso?Tutto ha inizio durante la campagna d'Egitto voluta fortemente da Napoleone nel 1798. Questa spedizione non è solo un'esplorazione scientifica, ma nasconde qualcosa di misterioso, qualcosa che il futuro Imperatore dei francesi ha preparato per anni con cura e dedizione. E lì che quasi per un bizzarro scherzo del destino, o semplicemente per puro caso, un anonimo soldato francese, al comando del generale Bonaparte, fa una scoperta che sconvolgerà il normale corso della storia. Durante gli scavi di fortificazione della piana di Rachid, l'odierna Rosetta, rinviene una lastra di pietra nera. La stele, così verrà chiamata in seguito, appare come un semplice reperto, ma in realtà nasconde la chiave per accedere a un segreto misterioso, un segreto che rimanda agli antichi faraoni e al potere necessario per governare sull'impero più longevo di sempre. La sua parte mancante, la sommità spezzata, così come la conosciamo oggi, è stata volutamente nascosta al mondo per metterlo al sicuro da un potere che altresì, se sprigionato, avrebbe la capacità di modificare il normale corso della storia.Protagonista del primo capitolo di BP, Jack Reynold. Eroe, super eroe o anti eroe?
4. Storia, leggenda e fantastico vengono intrecciati in maniera credibile e ben congeniato. Dove finisce ciascuno di questi elementi e quali difficoltà hai trovato nel realizzare e come hai realizzato il mix?
Black Port è un mix di tante cose. C’è il romanzo storico, c’è l’aspetto fantastico, c’è una storia d’amore non protagonista, c’è avventura e mistero oltre a molti altri livelli di lettura.
La vera difficoltà affrontata nella stesura è stata quella di rendere tutto attendibile, evitare quindi che il lettore storcesse il naso facendogli percepire quel senso di estraneità alla storia. Quando si scrive di storia, s’incappa nel rischio di non essere credibili, per questo motivo bisogna essere dei buoni conoscitori del periodo storico in argomento, altrimenti si rischia di commettere errori grossolani che poi il pubblico non ti perdona. Proprio per questo motivo, tendo a fare molte ricerche e studi approfonditi prima di buttarmi voracemente sulla tastiera.
Parlare di storia alternativa è una prova affascinante alla quale uno scrittore non dovrebbe sottrarsi. Avere il potere di modificare il passato, di cambiare il futuro con situazioni al limite del senso logico, far vincere i cattivi per una volta, è qualcosa che va oltre il semplice scrivere.
5. Jack Reynold è un uomo “speciale”, una sorta di “super uomo”. Eppure è diverso dai super eroi che conosciamo. È un alcolista e la sua figura resta sempre misteriosa agli occhi dei suoi compagni di avventura e del lettore. Ma chi è veramente Jack?
Jack non è propriamente un eroe, è più lo stereotipo dell’antieroe. All’inizio del romanzo lo vediamo perennemente ubriaco e depresso, un modo come un altro per scacciare i demoni che lo tormentano. Una visione che molti prediligono spesso. È più facile nascondersi dietro una bottiglia di alcool, dietro qualsiasi cosa renda tutto più semplice, piuttosto che affrontare la realtà. Jack questo lo impara a sue spese. Verrà messo a dura prova dal destino che farà in modo che quell’uomo depresso e senza più la fiammella della vitalità, riprenda in mano la sua vita. Il suo passato rimane un mistero agli occhi dei suoi uomini, finché gli eventi non lo porteranno con violenza a ricordare, a rimuovere quelle barriere che la sua mente si era costruita come autodifesa. Sarà quello il momento in cui apprenderà che la sua esistenza fa parte di una trama ben più ampia, tessuta da oscure eminenze che si muovono tra le ombre di Black port.
Ho volutamente scelto un antieroe come protagonista, è stata una scelta tecnica. I soliti “figaccioni” tutti muscoli, occhi azzurri e capelli al vento, non facevano al caso mio. Avevo bisogno che chiunque potesse immedesimarsi in Jack fin da subito, partecipando ai suoi tormenti, facendosi carico di una parte delle sue ansie e passioni.
6. Oltre al protagonista, abbiamo un temuto fuorilegge, l’Olandese, nemico giurato del maggiore, che a un certo punto diventerà alleato e amico del maggiore. Che cosa porta i due all’alleanza?
La necessità di sciogliere i nodi di una trama che sta diventando più grande di loro. Quando Jack si troverà faccia a faccia con colui che per anni è stato abituato a considerare un nemico, troverà il coraggio per mettere da parte i sentimenti contrastanti che gli attanagliano le viscere. L’Olandese è suo nemico, questa è l’unica cosa che Jack ha ben chiara e stampata in testa, ma come accade nei migliori film d’azione, il nemico diventa un valido alleato all’occorrenza e in seguito un buon amico.
7. Gli “striscia morte” sono i mostri che agiscono guidati dagli
Starec. In pratica sono zombie, a chi/cosa ti sei ispirato per crearli?
A niente in particolare. Sembrerà stano, ma non ho mai amato troppo i film di zombie pur apprezzando immensamente registi come Romero. Forse è per questo motivo che i miei zombie non assomigliano molto a quei flaccidi e lenti mangiatori di cervelli. Anche perché a Black Port avrebbero fatto la fame. I non morti che gli stregoni venuti dall’est resuscitano, tramite l’utilizzo di artefatti arcani e formule sconosciute, nei più disperati campi di battaglia del 19° secolo, sono ex soldati che hanno dato la vita per difendere la loro patria. Si muovono in orde capeggiate da uno Starec (stregone, in Russo) e più forte è il potere di costui, più sono forti e veloci le orde putrefatte al suo seguito. Le loro menti sono sgombre da sentimenti o emozioni quali la paura e il rimorso. L’unica cosa che li lega ancora al mondo che hanno lasciato, sono le fiammelle che brillano all’interno delle lanterne portate dagli Starec come fossero un vessillo, l’ultimo appiglio a una vita che non possiedono più.
8. Black Port, Black Jack… in tutto il nero che si vede e percepisce, c’è spazio per un raggio di luce?
Direi di no, o almeno mi piacerebbe poterlo dire. Ma si sa, dopo il temporale arriva sempre il sereno e Black Port non fa eccezione. Forse nel romanzo l’unico spiraglio di luce è dato da Kira, la misteriosa Jagger russa mandata a Black Port per una missione che la legherà indissolubilmente alla trama già complessa nella quale si muovono a tentoni gli altri personaggi. Sarà sicuramente lei a portare un raggio di luce, se non in città, almeno nel cuore di Jack.
9. In alcuni punti il romanzo rimane “aperto”… Prevedi un secondo capitolo?
Il romanzo è stato strutturato su tre libri. E’ risaputo che le trilogie vanno di moda in Italia. Forse lo facciamo per assicurarci almeno altre due uscite. Ogni capitolo della saga introdurrà una nuova nazione. Nel primo libro è la Russia a tentare la sorte tra gli oscuri vicoli di Black port, nel secondo sarà il turno della Prussia. Tutta l’Europa, o almeno gli emissari delle eminenze oscure che agiscono nell’ombra dei loro sovrani, si danno appuntamento in quella piccola cittadina che affaccia sul mare, per scovare colui che nasconde il potere che ha reso grandi le dinastie degli antichi faraoni.
10. Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai idee per la testa, qualcosa che bolle in pentola?
Come non potrei averne? Ho cominciato la stesura di un nuovo progetto appena terminato il secondo capitolo di Black port. Volevo qualcosa di totalmente diverso, qualcosa che non mi ricatapultasse in angusti vicoli o puzzolenti banchine portuali. E invece alla fine mi sono ritrovato a scrivere un romanzo dai chiari tratti Steam Punk e dall’ambientazione molto dark. Mi rendo conto di essere unilaterale… nei miei romanci ci devono essere vicoli oscuri, nebbia, puzze e sporcizia varia.
11. Quali sono i tuoi autori di riferimento in generale e per questo tuo lavoro? Nei ringraziamenti parli ad esempio di Terry Brooks…
Terry Brooks ha rappresentato per molti anni una scappatoia dal mondo reale, un portale spalancato su mondi fantastici. Conservo ancora il ricordo di quando misi le mani su una vecchia edizione della spada di Shannara. All’epoca ero solo un bimbo delle medie, ma da subito capii che quello era il mondo di cui avrei narrato un giorno. Il messaggio di speranza che il fantasy tenta di lanciare è sempre molto attuale. Crescendo ho ampliato il mio limitato orizzonte letterario (leggevo solo Brooks, libri game e poco altro) implementandolo con altri autori quali David Gemmel, Dan Simmons, Geoge Martins, Stephen King e molti altri ancora. Da ciascuno di loro ho rubacchiato una piccola parte del loro stile narrativo, creandomene uno tutto mio .
12. Come nasce la tua passione per la scrittura? Sappiamo che ti cimenti in varie forme artistiche diverse…
Mi piace definirmi con un po’ di ironica presunzione un artista poliedrico. Adoro tutto ciò che è arte e mi lascio contaminare da tutti gli stili. Negli anni ho praticato molte delle discipline artistiche tra cui la pittura, la scultura, il disegno. Tutto questo naturalmente finalizzato alla creazione di opere strettamente di carattere fantastico. Scolpisco e dipingo miniature, creo illustrazioni o grafica, sempre con il preciso scopo di illustrare e rendere visibile e reale quella determinata ambientazione o quel personaggio che mi frulla per la testa in quel momento. Follia? Io la chiamo passione.
13. Che cosa vorresti scrivere?
Niente che non abbia già cominciato a scrivere. Sono almeno quattro i romanzi iniziati che aspettano il loro turno di essere conclusi. Quello che mi piacerebbe però è provare a scrivere un romanzo in prima persona. Ci provo, ma finisco per tornare alla terza. Le abitudini sono dure a morire.
14. Sul fantasy e il fantastico in generale: quanto è difficile scrivere, ma soprattutto pubblicare questo genere in Italia? E cosa consiglieresti agli aspiranti scrittori?
Scrivere di fantasy non è difficile. Il limite è solo la fantasia. È proprio questa che a volte si rivela come il vero problema da affrontare. Molti racconti e romanzi fantasy seguono dei cliché strausati, dando quella sensazione di già visto che a volte inibisce la lettura. Eppure se abbiamo detto che il limite è la fantasia, allora mi chiedo. Siamo noi a esserne carenti? Oppure si utilizzano quei cliché per assicurarsi una percentuale di vendite? L’esempio che mi viene in mente sono i vampiri “figaccioni”. Funzionano certo, ma a mio avviso denotano un limite, una chiusura all’immaginazione. Noi Italiani abbiamo dalla nostra una fervida immaginazione e il potere di inventare e riportare su carta i nostri mondi immaginari. Una dote rara che spesso sprechiamo cercando di imitare i più fortunati autori esteri. E agli aspiranti scrittori dico…. Leggete, leggete, leggete. Scrivete, scrivete, scrivete. Studiate, studiate, studiate. Sarà banale e scontato, ma è l’unica cosa che serve veramente.