Blade Runner

Blade Runner: da Do Androids Dream of Electric Sheep? al film, passando per la sceneggiatura.

Il Libro

L’opera che ha ispirato la realizzazione del film in oggetto, Blade Runner, è il romanzo Do Androids Dream of Electric Sheep? (1968), scritto da Philip K. Dick (Chicago 1928 – 1982), tradotto nel 1985 dalla casa Editrice Nord, con il titolo di Cacciatore di Androidi. Dick è considerato uno dei pilastri della letteratura fantascientifica, autore di The Man in the High Castle, con il quale nel 1962 vinse l’Hugo Award. Pur orientando la sua produzione letteraria nel genere della fantascienza, Dick ha interpretato in maniera personalissima i suoi ritratti di un futuro dove ricorrono alcuni temi preponderanti: l’angoscia dell’uomo contemporaneo, i rapporti tra umani ed esseri artificiali – particolarmente rilevanti nel libro in questione – il controllo esercitato dalle strutture di potere, nonché la ricerca di un barlume di umanità nella condizione alienata di un mondo dove la tecnologia non sempre è amica.

Il titolo originale, Do Androids Dream of Electric Sheep?, lungi dal riferirsi alla pratica umana favolistica del “contare le pecore per addormentarsi”, (e che, nel caso di androidi ‘prevederebbe’ il conto di pecore artificiali), trae spunto dalla trama: In un futuro imprecisato, dopo una guerra nucleare che ha inquinato la terra, la maggior parte della popolazione ha abbandonato il pianeta emigrando verso colonie esterne. Inebetimento televisivo – il personaggio di Buster Friendly che imbonisce dallo schermo – scatole per l’empatia (apparecchi che regolano l’umoralità degli ultimi abitanti rimasti sulla terra), la religione ambigua di Wilbur Mercer, la presenza di kipples, detriti che si riproducono spontaneamente; questo lo scenario ‘straniante’ che viene presentato al lettore. 

Il possedere un animale vero, e non uno robotico, è una sorta di security blanket per gli esseri umani, come per lo stesso Rick Deckard, un funzionario di polizia – un impiegato piuttosto lontano dalla figura “alla Humphrey Bogart” interpretata da Harrison Ford nella pellicola – che accetta il compito di eliminare un pugno di sofisticati androidi modello Nexus 6, e con la taglia guadagnata, potersi permettere un animale autentico al posto della sua pecora elettrica. Fuggiti dalle colonie ed infiltratisi sulla terra, questi androidi sono creature perfette, praticamente indistinguibili dagli esseri umani, che da forza lavoro quali erano stati creati dai laboratori Rosen si ribellano allo stato di cose e capitanati da Roy Baty, tentano di sfuggire al loro destino, cercando l’appoggio di J.R. Isidore, un tecnico della Rosen, costretto a rimanere sulla terra perché contaminato dalla polvere radioattiva.

Dopo varie peripezie, ed il coinvolgimento sentimentale/erotico con Rachel Rosen, Deckard riuscirà ad eliminarli e si potrà permettere il lusso di un vero animale, un rospo nella fattispecie, per lui e per sua moglie Iran. La versione italiana, peraltro fedelmente tradotta, divaga per letterarietà solo nel titolo, che non si riferisce solo alla professione del protagonista, bensì risente della già avvenuta realizzazione ed uscita del film Blade Runner, avvenuta nel 1982. La peculiarità straniante di questo testo sta proprio nella finzione di normalità che aleggia nel racconto stesso: il vicino di casa dei Deckard è in competizione perché possiede un animale vero, Deckard fa i conti su quanto potrà guadagnare con la taglia sugli androidi, la moglie alla fine “ordina” un rospo che piacerà sicuramente anche al marito come scelta per l’animale da possedere. Il tutto sullo sfondo di una città grigia, decadente ed impersonale, con una prevalenza della narrazione, rispetto alla descrizione [1] e dove l’esistenza umana è pervasa da una forma di accettazione angosciosa della decadenza stessa. 


Il Film

Per citare la definizione di trasposizione cinematografica come “riduzione di un romanzo a film” [2], alla stessa fonte è opportuno riallacciarsi per sottolineare che in genere da grandi romanzi vengono fuori pellicole e sceneggiature mediocri [3]. Nel caso di Blade Runner, siamo di fronte ad una eccezione, a partire dalla figura del regista, Ridley Scott, che ricordiamo anche per Alien (1979), Thelma e Louise (1991) ed Il Gladiatore (2000), per arrivare agli interpreti principali (Harrison Ford, Rutger Hauer, Daryl Hannah), e alla colonna sonora di Vangelis.

Per la sceneggiatura, documento notoriamente suscettibile di variazioni continue in corso d’opera [4] e della quale esistono versioni in lingua originale note e meno note, è stata presa in considerazione la versione di David Peoples ed Hampton Fancher, datata 1982. Tale testo si presenta piuttosto fedele alla versione della pellicola nota come Blade Runner, The Director’s Cut, pur presentando alcune incongruenze. Gli esempi più eclatanti sono: la presenza di un replicante di nome Mary, nella lista mostrata da Bryant a Deckard, poi mai più citato nella pellicola (tale scelta è stata adottata per ragioni di budget; nel libro le figure di Pris e Rachael si fondono fino a diventare la stessa replicante, e inizialmente nel film era prevista una figura femminile in più); la nazionalità messicana del personaggio di Gaff nelle pagine finali, inizialmente presentatoci come giapponese ed ancor di più “l’epitaffio” fatto da Deckard per Batty, una specie di auto-rivelazione, di professione di fratellanza verso l’avversario che ha fatto sorgere il dubbio che Deckard stesso non fosse un replicante. Altro effetto spettacolare, purtroppo non presente nella versione specifica del film, è quello di Gaff che insegue i due sulla propria macchina volante, attraverso il punto di vista dei lettori/spettatori a bordo. Da precisare che ci si sta riferendo al lettore/spettatore in quanto nella parte finale di questa versione della sceneggiatura, si rompono le barriere tra rappresentazione e realtà, dando l’illusione che all’inseguimento sulla macchina volante siano presenti coloro che fino a quel momento erano solo pubblico. Nel libro, Deckard è sposato, nella sceneggiatura anche. Quando Rachael vede la foto di una donna sul pianoforte, le confessa che si tratta della moglie, la quale lo ha lasciato per le colonie offworld; nel film non viene menzionata alcuna moglie di Deckard.

Proprio a proposito del protagonista, si potrebbe sostenere che, a differenza del suo alter ego del romanzo, ricorda il tipico detective protagonista del genere romanzesco noir; non solo indaga ma viene anche coinvolto in prima persona e rischia la propria incolumità. Non rimane al di fuori di ambienti malfamati (si veda il locale di Taffey), è trascurato nel vestire – a dispetto della prestanza fisica – e beve smodatamente. E’ carnefice nei confronti dei replicanti, ma al contempo vittima della violenza e della prevaricazione da parte del potere costituito, visto che non ha scelta nell’accettare l’incarico affidatogli da Bryant [5].

Di seguito, la trama della sceneggiatura: In una città del futuro non meglio specificata (che risulterà essere la Los Angeles del 2019), Rick Deckard, un affascinante ma disincantato agente Blade Runner (scopriremo che è la qualifica dei “cacciatori di androidi”), sostituisce riluttantemente il collega Holden nella identificazione, nella caccia e nella conseguente eliminazione di questi androidi, o meglio “replicanti”, evasi, come nel libro, dalle colonie offworld. Holden è stato colpito e ridotto a vivere in un polmone d’acciaio da Leon, uno dei quattro replicanti sfuggiti [6]. L’incidente è avvenuto durante l’interrogatorio con la macchina Voight Kampff, strumento atto a rivelare la natura androide dei soggetti, novella Inquisizione del futuro, rilevatrice di quella limpieza de sangre che differenzia gli “Umani” dai “Replicanti”.

Tale apparecchio verrà utilizzato da Deckard su un campione molto particolare: Rachael Tyrell, bellissima replicante alla quale fino ad allora era stato fatto credere di essere la nipote del Dr. Tyrell, Creatore Supremo di queste macchine perfette, e non un prodotto artificiale. Deckard riscontra la natura androide della donna, ed il Dr. Tyrell gli rivela che questi androidi sono stati dotati di memorie impiantate, (Rachael possiede appunto quella della nipote di Tyrell), in modo da poter essere maggiormente tenuti sotto controllo. Deckard comincia a dare la caccia ai quattro ribelli, ma le sue indagini si orientano anche verso la scoperta delle motivazioni del ritorno da parte dei replicanti sulla terra. Scoprirà infatti che, da esseri perfetti quali sono, hanno maturato sentimenti estremamente simili a quelli degli esseri umani e che per questo motivo i ricercatori li hanno dotati in un secondo momento di un dispositivo particolare: un timer fatale, una scadenza di quattro anni di durata. Nel frattempo, Leon e Batty fanno visita al malcapitato progettista di occhi Chew. Come a Deckard stesso, comincia ad essere chiaro al lettore – futuro spettatore – che i replicanti sono in cerca del loro artefice massimo. Pris si è rifugiata a casa di J. F. Sebastian (l’Isidore del libro), giovane e mite braccio destro del dottor Tyrell. Svolgendo di pari passo le indagini ed il suo compito di killer, Deckard riesce ad eliminare prima Zhora, poi Leon; mentre Rachael, ormai consapevole della sua natura, teme di essere uno dei bersagli di Deckard. Al contrario, lui comincia a manifestare dei sentimenti per lei, che sfoceranno nella famosa scena d’amore. Pur non avendone le prove, sia Bryant, il capo di Deckard che lo aveva cooptato per l’incarico, che Gaff, collega di Deckard inferiore per grado, invidioso di non essere stato prescelto, sottolineano il fatto che in realtà i “lavori in pelle” (così sono definiti i replicanti) da eliminare sono cinque: anche Rachael è una di loro. Intanto Batty raggiunge Pris a casa di Sebastian e riesce a farsi condurre da Tyrell. Sarà li che chiederà al padre, al suo creatore, di poter vivere più a lungo, e sarà lì che Tyrell, rifiutando al suo figliol prodigo il suo desiderio, verrà ucciso brutalmente.

Da parte sua, Deckard ha capito qual è la missione dei replicanti e raggiunge casa di Sebastian, dove ucciderà Pris e poi si ritroverà faccia a faccia con Batty, in un inseguimento rocambolesco sui tetti. Laddove lo spettatore si aspetterà di assistere alla tragica fine di Deckard, ad opera del possente replicante, quest’ultimo si spegnerà dopo averlo salvato da una caduta nel vuoto, non prima di aver manifestato il suo ieratico rammarico per tutto quello che – a differenza degli insignificanti esseri umani – nella sua vita da essere superiore ha avuto il privilegio di vivere. Dopo l’arrivo di Gaff sulla scena, l’atteggiamento sprezzante e di sfida del giapponese, ed il riferimento a Rachael da parte di quest’ultimo, Deckard si precipita a casa propria, temendo che Gaff l’avesse eliminata. In realtà Rachael è viva, Deckard le chiede di fidarsi di lui ed i due fuggono insieme. Ma un unicorno di stagnola, origami passatempo usuale di Gaff, che Deckard raccoglie davanti all’ascensore, informa lo spettatore della “visita” incruenta del poliziotto.

La nostra sceneggiatura si chiude invece con i due in una fuga sulla macchina volante di Deckard, attraverso una foresta suggestiva e sterminata, con la voce di Deckard inneggiante al nuovo mondo (del quale precedentemente accennato) e Gaff, con noi lettori/spettatori impegnati in questa corsa selvaggia. Elementi narrativi e spettacolari, futuristici e sentimentali, personaggi piatti che non partecipano all’evoluzione del racconto, e personaggi modellati, che ne contribuiscono allo svolgimento. Tutto questo su un testo, suscettibile sí, una volta di più va sottolineato, di variazioni e ripensamenti, ma che deve dare la possibilità al reader, produttore, regista, cineasta che sia (oppure anche ad un destinatario che lo legga per scopi di studio ed analisi) di visualizzare le azioni tramite le parole.

[1] L. Chines, C. Varotti, Che cos’è un testo letterario, Carocci, Roma, 2004, cit. p. 115.
[2] A. Moscariello, Come si gira un film, Editori Riuniti, Roma, 1996 p. 98.
[3] A. Moscariello, ibid., . p. 98
[4] M. A. Guerin, Le rècit du cinema, cit., p. 9.
[5] Per I riferimenti alla narrativa noir si veda REUTER Y., Le Roman policier, Ėdition Nathans, Paris, 1997, trad. it. Il romanzo poliziesco, Armando Editore, Roma, 1998.
[6] Roy Batty – leader carismatico, modello da combattimento ma anche sorta di “Messia” per i suoi compagni; Leon: la versione violenta e vagamente ottusa del clown Bozo, sorta di “bravo” manzoniano di Batty; Pris e Zhora: conturbanti modelli femminili, la prima infantile nella sua sensualità, la seconda più matura, creata per l’intrattenimento spettacolare.

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