Dal romanzo gotico al fantasy e all’urban-fantasy: la letteratura si trasforma e trova nuove forme espressive.
Tradizione e traduzione non possono essere considerate che situazione imprescindibile per il divenire. Senza scadere nel plagio, nella mera contaminazione e nella semplificazione o banalizzazione di temi e toni di grande efficacia, è la storia stessa della letteratura che insegna: esiste un divenire per ogni forma espressiva, qualsiasi essa sia.
Nel caso della letteratura fantastica, nell’ipotesi di una sua propria “evoluzione” nel genere fantasy ed urban-fantasy le cose si complicano. Altri fattori, e ulteriori commistioni di generi vanno ad incidere sui doppi piani della letteratura “fantastica”: si potrebbe definire un ulteriore sdoppiamento, del già doppio piano tra realtà e soprannaturale. Doppelgänger già di un doppio preesistente, quello della realtà dove si inseriscono elementi “stranianti”, o “perturbanti” per utilizzare un termine freudiano ben noto.
Ci si riferisce ai racconti e romanzi “dell’orrore”, si sarebbe detto in epoche precedenti, per definire qualcosa che attrae e al contempo minaccia la psiche umana: fantasmi, vampiri, situazioni fluttuanti tra il sogno (o l’incubo) e la veglia. Quello che all’essere umano sfugge quale percezione tangibile ed al contempo spaventa ed attira, come nel caso dei binomi Eros e Thanatos, inizio e fine. Il divenire, il diverso che rifugge dalla identificazione e classificazione alla quale la nostra cultura ci ha abituati era già stato esplorato secoli orsono. E’ palese che, fosse anche frutto di una tendenza, a volte di una posa decadente e decadentistica, o di una critica della “realtà” (se mai ne esista una) l’altro da sé rimane sempre una fonte inesauribile per la produzione testuale.
Ciò che razionalmente non potrebbe mai essere codificato, ritrova nella trasformazione in testo forse la sua principale ragion d’essere, perché racchiude esperienze extrasensoriali condivise, seppure diverse tra esseri umani. La spinta biunivoca dell’uomo, attraente e respingente del non conosciuto, dell’incomprensibile, è appunto lo stesso meccanismo che si dipana tra Amore e Morte: Amore come anelito dell’essere (umano) in quanto desideroso del desiderio e Morte quale Fine. La parola Fine, che nella vita e nella scrittura non necessariamente coincide con la lettera Omega, apre nuove interpretazioni e nuovi inizi in contrasto con la Morte, che rappresenterebbe la fine della “storia”, del raccontare, ma che attraverso riletture torna a vivere di nuovo, ciclicamente.
Non occorre andare lontano per indagare nelle paure e nelle “doppiezze dell’essere”. La fanta-scienza, perché il termine necessita di una scissione per essere indagato in pieno, ce lo insegna: basti pensare ai replicanti di Blade Runner (1983) il film cult di Ridley Scott, presto oggetto di un sequel. Questa pellicola, ultima ad essere stata realizzata senza l’ausilio delle tecniche digitali – quindi anche essa appartenente al passato delle tecnologie -, indaga sull’interrogativo primario ma ossimoricamente finale dell’uomo: quello della Fine, della Morte, come quella che rifiutano gli androidi del film (tratto dal testo di P. H. Dick Do Androids Dream of Electric Sheep?). Insomma, la “data di scadenza” dalla quale l’Uomo rifugge al contempo lo attrae, vuole conoscerla, come scorre le pagine di un libro per conoscerne la fine.
Tornando al genere fantastico, questo, parafrasando semplicisticamente Tzvetan Todorov, prevede una commistione di “meraviglioso” e di “fantastico” che provoca un’esitazione nel lettore, o di un personaggio del libro, i quali vedono immettersi nella realtà fattori soprannaturali. Il passato letterario, se di passato si possa parlare, poiché incide culturalmente sul presente, ha visto molte figure importanti rappresentare il genere: personalità di spessore ed emblematiche, quali Edgar Allan Poe o Joseph Sheridan LeFanu. Quest’ultimo creatore di Carmilla (1872), la donna-vampiro che nel tempo trasforma il suo nome in anagramma: “Millarca” o “Mircalla”, quasi a lanciare una sfida affinché venga scoperto il suo segreto. Non ultimo Charles Dickens, con racconti meno noti (ma non meno “perturbanti”) di Un canto di Natale.
Per quanto riguarda il nesso tra il romanzo o racconto “dell’orrore” ed i romanzi fantasy non tutti gli “eredi”, sono all’altezza degli antesignani: spesso si tratta di saghe nate da esigenze commerciali sulla scia di una imitatio (eppure così vicina nel tempo, e meno pregiata) della fortunatissima serie di Harry Potter, fenomeno ampiamente discusso ed indagato.
Variegata la composizione degli autori che si sono cimentati nel genere: hanno scritto racconti fantastici Edith Wharton nota per L’età dell’innocenza (1920), Robert Bloch autore di Psycho (1959), poi oggetto della famosa trasposizione cinematografica di Alfred Hitchcock, nonché Fëdor Dostoevskij, autore di Memorie del sottosuolo (1864) per citarne alcuni. Altri scrittori, quali il contemporaneo Carlos Ruíz Zafón, sono diventati autori di culto, e provengono dalla produzione letteraria per ragazzi. Dal prestigio di alcuni autori, dagli interrogativi sulle ansie e le pulsioni dell’uomo e dal valore estetico di alcune opere del passato e del presente, deriva dunque l’idea di un lavoro di indagine sul fenomeno fantasy a partire da quelle che se ne ritengono le origini letterarie.
Queste considerazioni riguardano una nuova tendenza di genere letterario, comprendente talvolta testi privi di contenuti e forme apprezzabili dal punto di vista qualitativo, ma soltanto riconducibili alle esigenze di mercato (non disprezzabili comunque, quando si pensi al fenomeno del romanzo di appendice) e ad altri di qualche importanza. Si pensi, ad esempio, al romanzo Angelology, appena uscito in Italia, ad opera della scrittrice americana Danielle Trussoni; romanzo che sarà presto oggetto di una traduzione cinematografica.
Quando infatti si voglia tenere conto del concetto di eredità letteraria, la scelta del romanzo di Trussoni deriva dalla scoperta delle derivazioni del suo testo dal Sesto Libro della Genesi e dalle sue conoscenze di studiosa di letteratura inglese rinascimentale. La stessa autrice, ad una domanda diretta, si è dichiarata influenzata dalla visione dell’equilibrio tra Macrocosmo e Microcosmo, e dall’anelito di armonia tra le Nove Sfere Celesti proprio del periodo Early-Modern. La sua interpretazione, per così dire, figurale cristiana, per scomodare Auerbach, introduce la figura di un essere dotato di ali, nella nostra realtà: la scoperta non di una mummia di un essere umano, bensì di un angelo deceduto. Il mondo alternativo e inspiegabile (l’Aldilà) nel romanzo si introduce nel presente in un percorso biunivoco di andata e ritorno, risalendo a figure dell’Antico Testamento, i Nephilim, gli angeli caduti.
Solo per fornire qualche altro riferimento ad a testi di altre nazionalità e di epoche diverse tra loro, e riferimenti a scrittori ed opere fondamentali per il genere: Gustav Meyrink, (1868-1932) autore de Il Golem (1908), nonché il racconto omonimo – datato 1983 – ad opera del Premio Nobel per la pace Elie Wiesel; E.T.A. Hoffmann, (1776-1822), e non solo per il suo L’uomo della sabbia (1816-1817) oggetto di studio e di citazioni da parte di Sigmund Freud; l’autore tardo-romantico Auguste de Villers de L’Isle-Adam (1838-1889), per i suoi Racconti Crudeli (1883), ed i suoi connazionali Gide e Maupassant, anche essi autori di alcuni racconti “dell’orrore”.
In termini conclusivi, l’ipotesi che il genere fantasy e la sua variante urban non siano solo a loro volta varianti del genere fantastico, insieme a gotico, horror e fantascienza non è da escludere, anzi è un ottimo campo di ricerca. Seppur tenendo conto della differenza di temi e motivi per ogni singola variante, si ritiene che esso rappresenti l’evoluzione (in termini positivi e/o negativi) del genere fantastico nel suo complesso, commistione post-moderna di tutte le varianti che definiscono il genere. Tale risultanza sarebbe altresì una ulteriore testimonianza del carattere dialogico proprio della letteratura.
Il nostro è uno spunto di riflessione che, ci auguriamo, lettori ed addetti ai lavori non vogliano trascurare nel leggere e rileggere opere passate attraverso la novità dei testi contemporanei. Esiste, riteniamo, un continuum e non un taglio netto con la tradizione passata, della quale gli autori fantasy di rilievo non possono che beneficiare, tanto illustri, originali e prolifici sono stati i loro predecessori.