Un nome che racchiude un destino. Cassandra ha inciso nel Dna il marchio della rabdomanzia, prima donna della famiglia Brooks ad avere ereditato questo dono. E non è casuale l’omonimia con la celebre figura della mitologia greca.
Un mistery che si compone come un enorme, articolato puzzle, i cui pezzi sono sparsi dall’autore, seguendo un’apparente casualità. Un flusso di eventi ricamati da una prosa attenta ai dettagli, elegante e complessa, in cui le fila del presente e del passato vengono tirate da un narratore dallo stile impeccabile, ben oltre il mestiere.
I compaesani la definiscono una strega, solo che lei, quanto entra
in azione, non usa una bacchetta magica che di solito hanno le fate,ma quella rabdomantica. E al lavoro di insegnante, alterna quello di “cercatrice d’acqua” su commissione, portando a termine con successo gli incarichi. Cassandra Brooks è indubbiamente quel che si dice un “personaggio” nel paese in cui vive. A corroborare la sua fama, oggetto di maldicenze in un contesto provinciale quale quello in cui risiede, la condizione di ragazza-madre. Ma la donna, trentasei anni, e malgrado ciò un’identità ancora traballante, affronta con coraggio l’intricata vicenda in cui si trova implicata.
Mentre si sta aggirando nella proprietà degli Henderson in veste di rabdomante, Cassandra scopre il cadavere di una ragazzina impiccata. Immediata la segnalazione a Niles, sceriffo di Contea, suo amico di vecchia data, cui è legata da un vincolo affettivo molto forte e che è ha conoscenza del dono della donna. Scatta quindi il sopralluogo, ma della ragazzina nessuna traccia. Per Cassandra, è il rischio di essere accusata di falsa testimonianza. In realtà l’incontro ha a che fare con qualcosa di grosso, legato alla capacità divinatorie della protagonista. Una premonizione rispetto al futuro, che si lega al vissuto precedente della donna.
Cassandra è una ragazzina quando il fratello Cristopher muore in un incidente. Si tratta di un evento che sconvolge la famiglia. Rosalie, madre devota, si avvicina ulteriormente alla chiesa Metodista cui appartiene, mentre la figlia, che non condivide la religiosità della signora, si lega particolarmente al padre, Nep, anche lui rabdomante. È l’uomo a trasmetterle i rudimenti dell’arte, da sempre padroneggiata dagli uomini della famiglia Brooks. Cassandra è la prima discendente donna a essere in possesso di questo dono, soltanto che, a detta di Nep, lei ha qualcosa in più. Se la rabdomanzia fino all’ultimo Brooks sembra quasi più giocata sull’esperienza e lo studio dei territorio, in Cassandra essa acquisisce tratti divinatori. La protagonista del romanzo di Morrow intuisce la morte del fratello, tanto che la sera dell’incidente, gli chiede di non uscire; ma il giovane non l’ascolta, andando incontro alla tragedia.
La vicenda della ragazzina impiccata si rivela una bufala, almeno in apparenza. Le voci del “falso allarme” si diffondono tra le persone, determinando il rafforzamento di maldicenze su Cassandra. In realtà il caso di complica e sulla strada della donna si pone una ragazzina, Laura Bryant che viene salvata da una morte probabile. L’isola di Covey si carica di eventi inquietanti. Un uomo incontrato dai gemelli Jonah (palesi i riferimenti alla figura biblica di Giona), che scompare nel nulla; un fantoccio cui è legata la bambola Millicent, sottratta dalla casa della Brooks da qualcuno che vi si è introdotto furtivamente; due cartoline con minacce incluse e le cui immagini recano una simbologia sacra ricca di riferimenti inquietanti; una presenza inquietante che sembra attendere il momento propizio per calare una ghigliottina per nulla simbolica.
Fin dalle prime righe del romanzo, Morrow mette in evidenza il fortissimo legame tra la protagonista e il padre, che è anche mentore di Cassandra. La quale crede di essere la prima donna e ultima esponente della dinastia dei rabdomanti; ma i fatti sembrano smentirla, poiché pare che il testimone, sembra dover passare a Jonah, dei due gemelli, quello con l’attitudine allo studio. Non è trascurabile nemmeno il contrastato rapporto con la madre. Rosaline è un’insegnante di scienze, ma al contempo è anche una donna di fede. E come tale, a differenza della figlia e del marito, ha una personalità salda e definita, in virtù di valori che non mette in discussione. Cassandra invece, proprio a causa dei doni che ha, si trova spesso a camminare su un filo sospeso nel vuoto dell’incertezza.
“Conosci te stesso” è il motto iscritto sul tempio dell’Oracolo di Delfi e riassume l’insegnamento Socratico. Di questo motto si avvale Cassandra, che porta, per ironia, il nome di una figura mitologica greca arcinota, di cui condivide le doti divinatorie. Ripercorrendo gli eventi del suo passato, riferendosi a cinque rivoluzioni della sua vita, di cui la quinta è in corso con il caso di Laura e dell’uomo che minaccia la loro incolumità, la rabdomante fa luce su episodi visti a posteriori e grazie agli indizi disseminati nel giallo che compenetra il suo presente. Una vicenda che apparentemente sembra non avere nulla a che vedere con lei, in realtà è strettamente connessa al suo passato. Ed è proprio la rabdomanzia ad avere favorito l’incontro tra le due dimensioni temporali, che provocano una crisi nella donna. È la stessa crisi esistenziale che coglie diversi anti-eroi novecenteschi, se si pensa ai casi letterari italiani; soltanto che Cassandra non è un’anti-eroina, ma ha il piglio tutto americano della self-made-woman. È una donna che vuole dare stabilità alla propria identità. Questo preso coscienza della solitudine che contraddistingue la sua vita.
A un certo punto la donna cerca di diventare “normale”. Vuole conformarsi agli altri, per strapparsi di dosso l’immagine che quasi tutti hanno di lei, optando per un abbigliamento diverso da quello indossato, abbandonando la bacchetta rabdomantica a favore dell’insegnamento. Chiede e ottiene una cattedra in pianta stabile e le pare di avere imboccato la strada giusta, ovvero quella che porta alla normalità. Ma Cassandra non può sfuggire al proprio destino, e capisce che la cosiddetta normalità non è per lei. La stabilità e la conoscenza di sé, nasce infatti dalla capacità di discernere, forte del bagaglio culturale che ha dentro di sé, ciò che è sempre stato avvolto nell’ombra. Il presente le permette, pur con molto rischi, di trovare la propria identità. Un’identità che vive non perché si conforma, ma perché è consapevole della propria diversità, che finalmente accetta.
Jonatha Carroll ha definito il romanzo di Morrow in questo modo “Questo libro affascinante ricorda i migliori film di Hitchcock, che combinavano in maniera alchemica la suspense, il miracoloso e il sentimentale in un’unica storia senza interruzioni che ti teneva in sospeso tra congetture e paura fino alla fine”. Un’affermazione che non può che essere sostenuta, visto anche l’abilità con cui Morrow costruisce una trama impeccabile, con il punto di vista della protagonista che scava dentro se stessa senza però perdere di vista ciò che ha fuori. Nella costruzione logica e lucida degli eventi, s’insinuano fantasmi e visioni che rammentano qualcosa di Stephen King, in particolare per le vicende adolescenziali in cui s’insinuano componenti sessuali oltre l’innocenza, ma anche quelle visioni alla David Lynch, con atmosfere che rammentano La lettrice bugiarda di Brunonia Barry.
La rabdomante ha elementi di originalità per il tema affrontato. Nessun adeguamento a mode letterarie o editoriali in una lettura in cui si realizza una capacità narrativa ad alto livello. La tecnica narrativa novecentesca influenza dalla psicologia e dalla psicoanalisi, incontra quella Ottocentesca, con un forte accento sulle descrizioni e sull’ambiente. Nell’ambiente si proiettano le istanze della psiche, diventando al contempo background e personaggio con un ruolo preminente nella storia. Ma c’è anche un’attenzione ai vari elementi della natura, di cui Morrow cita nomi in maniera minuziosa. Del resto questo romanzo ha una scrittura precisa, intensa che tende a scavare la superficie della realtà, scavalcando apparenze e preparando i colpi di scena, scolpiti con la precisione di uno scultore greco.
L’AUTORE
Bradford Morrow. Nato a Baltimora nel 1951, dopo un decennio di vagabondaggi tra Honduras, Francia, Inghilterra, Italia si è stabilito a New York. Professore di letteratura e autore di romanzi, saggi, poesie e libri per bambini, è cofondatore della prestigiosa rivista letteraria “Conjunctions”. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti per la sua opera in ambito letterario, tra cui la Guggenheim Fellowship, il PEN/Nora Magic Award For Editing, un Academy Award for Literature (1998) e il prestigioso O. Henry Prize (2003).