Voci sussurranti nella rete raccontano di un terzo film di X-Files: non c’è che dire, il mito non muore mai.
Dobbiamo rallegrarcene o denunciare l’accanimento terapeutico? I fan, nonostante tutto, non possono non avere un sussulto di gioia…
Gillian Anderson, la mitica Scully, ha affermato che non le dispiacerebbe un terzo film sugli agenti FBI più famosi del globo. Comunque vada, si attenda o no questo evento, la serie televisiva che ha reso immortali lo spettrale Mulder e la sua scettica partner merita di essere conosciuta perché, al di là degli enormi cellulari e computer che oggi fanno sorridere, regge benissimo l’urto del tempo.
Certo parlare di X-Files può essere difficile per tutto quello che si potrebbe e si vorrebbe dire di una serie che in ben nove stagioni, dopo l’esordio straniante di Twin Peaks, ha rivoluzionato in modo sostanziale il modo di intendere i telefilm. Per questo preferiamo gettare uno sguardo su un singolo episodio, che può offrire uno scorcio suggestivo su quello che X-Files è stato ed è, e la scelta cade su Milagro, il 18° episodio della sesta stagione.
Come necessaria premessa, si deve ricordare che le linee narrative della storia degli agenti FBI della sezione “casi strani” sono diverse: quella degli alieni, quella della cospirazione governativa, quella della inossidabile storia della tensione sessuale irrisolta (per un tempo che pare millenario) fra Mulder e Scully e poi gli episodi singoli, i cosiddetti stand-alone, che possono trarre linfa da queste correnti, ma anche essere goduti singolarmente: Milagro è proprio uno di questi; da ricordare anche perché diretto dal bravissimo regista Kim Manners, venuto purtroppo a mancare nel 2009.
La trama (per chi non conosce l’episodio)
Mentre si sta recando verso l’appartamento di Mulder per discutere di un caso di omicidio, Scully incontra Phillip Padgett, il nuovo vicino di Mulder, uno scrittore che trasmette a Scully una sensazione strana.
Gli agenti discutono del caso e Mulder espone la sua teoria secondo cui gli omicidi potrebbero essere il risultato della “chirurgia psichica” (pratica sciamanica usata dai guaritori filippini) – il cuore delle vittime infatti è stato rimosso senza lasciare alcuna incisione, impronta, o una qualsivoglia traccia. Scully, come sempre in questi casi, è dubbiosa.
Quando un ragazzo, che si era appartato con la sua ragazza in una zona boscosa, viene ucciso nella stessa maniera, in ufficio Scully trova una busta che è stata fatta scivolare sotto la porta. Al suo interno trova un ciondolo, un “Milagro” cioè un amuleto su cui è incisa l’immagine di un cuore avvolto nelle fiamme tenuto in una mano.
Scully, colpita da un ricordo, si reca in una chiesa vicina per osservare un dipinto del Sacro Cuore di Gesù in cui appunto il Cristo è mostrato con in mano il suo cuore che brucia, quando viene avvicinata dal vicino di Mulder, Padgett. Questi confessa a Scully che è stato lui ad averle spedito il milagro, dato che la sta studiando per il personaggio di un suo romanzo. Ammette anche di provare attrazione per lei.
Scully è allo stesso momento intrigata e turbata da Padgett, eppure va a fargli visita mentre si sta recando nell’appartamento di Mulder. Quando sembra che i due stiano entrando in intimità, Mulder irrompe, armato, ed arresta Padgett, che ha descritto infatti ogni uccisione nelle pagine del suo racconto.
Mentre Padgett è in prigione avviene però un altro omicidio. Mulder è sempre più convinto del fatto che Padgett comunichi psichicamente con un complice, il dott. Ken Naciamento – noto chirurgo psichico brasiliano, solo che si scopre che Naciamento, che sembra commettere materialmente i crimini, è morto da due anni. Mulder sente che l’unico modo per incastrare Padgett è rilasciarlo.
Tornato nel suo appartamento, Padgett riceve la visita di Naciamento. Sebbene Mulder e Scully abbiano messo sotto sorveglianza l’appartamento di Padgett non vedono nulla sullo schermo che riguardi Naciamento: c’è solo lo scrittore che guarda nel vuoto seduto davanti alla sua macchina da scrivere. Naciamento però convince Padgett che l’unica fine possibile per il suo romanzo sia che Scully muoia. Padgett termina il racconto in tutta fretta e poi si reca all’inceneritore nella cantina per bruciare le pagine. Mulder lo segue e mentre lo sta per arrestare sente un grido provenire da sopra.
E’ Scully che viene aggredita da Naciamento. Mulder corre e la trova coperta di sangue, ma viva. Padgett invece giace ai piedi dell’inceneritore, dove il suo romanzo sta bruciando, col proprio cuore rimosso dal petto, pulsante nella sua mano.
L’inizio è spoglio e ci rimanda a quello che immaginiamo essere il modus vivendi di uno scrittore: una stanza poco arredata, una scrivania, una macchina da scrivere e qualcuno che fa avanti e indietro fumando con lo sguardo perso. Siamo alla sesta stagione e ormai siamo abituati alle citazioni metareferenziali degli script di Chris Carter e soci. Nota per i neofiti: in X-Files non c’è mai nulla di semplice, di solito si dice che non risponde mai alle domande che suscita, anzi ne crea altre. Così, quando vediamo lo scrittore che, guardando il proprio volto allo specchio, poi fruga all’interno della camicia e, sanguinando, estrae il proprio cuore per guardarlo, ci chiediamo se sia una metafora e scopriamo presto che lo è, perché il personaggio è vivo e vegeto subito dopo. L’attività della scrittura ci rimanda a quella della sceneggiatura: quindi è utile presumere che gli autori ci parlino di se stessi quando elaborano le vite e le avventure dei loro personaggi.
Cosa fanno gli scrittori se non scrutare i cuori delle persone? E quindi, prima di ogni altra cosa, il proprio? D’accordo il protagonista lo fa letteralmente… ma in fondo è solo un dettaglio. Quando ci sono Mulder e Scully di mezzo le spiegazioni, persino quando sussistono, non sono mai univoche. Ma certo è che chi scrive deve partire da una inevitabile domanda: “Che cosa ho nel cuore?” Gli sceneggiatori/scrittori usualmente rivoltano come calzini gli animi propri e quelli dei loro personaggi per capirli, per “sviscerare” le infinite strade e le possibilità che possono essere intraprese, per valutare e rendere credibili le scelte. Gli animi qui equivalgono ai cuori e “sviscerare” è usato insomma alla lettera.
Musiche assorte, primi piani vicinissimi, la scena è essenzialmente all’interno dei personaggi, è un’indagine nell’intimo.
Una coppia si infratta in macchina: lui dice a lei “Ti amo”, ma poi non accetta i limiti che lei le pone e la fa arrabbiare e uscire dall’auto: due idee diverse dell’amore. Quando poi l’assassino estrae il cuore al ragazzo non ci vogliono forse far pensare che “amore” è parola usata troppo facilmente? Il ragazzino la amava davvero? Sarebbe stato capace di darle il suo cuore? È una metafora ovviamente, ma qui si entra ed esce dalla metafora. Cuore=muscolo cardiaco/cuore=capacità di amare l’altro e dargli qualcosa di sé. L’assassino voleva punire il malcapitato perché aveva detto ti amo troppo alla leggera? Oppure voleva verificare cosa c’era nel suo cuore?
Quando lo scrittore, che abita sullo stesso pianerottolo di Mulder, e Scully si incontrano in ascensore, nel commento di Kim Manners alla puntata, presente nei DVD, si sottolinea come, per effettuare le riprese ravvicinate delle labbra tumide e socchiuse di lei e dei suoi occhi azzurri, come dello sguardo affascinato di lui, siano state necessarie lenti particolari che non si usano nelle riprese televisive. Lo spettatore è chiamato, attraverso queste riprese, a guardare con gli occhi dello scrittore per rendersi conto di ciò che prova lui e provare le sue stesse sensazioni.
Insomma noi guardiamo lui che guarda lei, cioè siamo chiamati a immedesimarci in lui, che nel frattempo si sta immedesimando in lei, perché la voce narrante dello stesso scrittore racconta questa donna intelligente e bella tutta chiusa in una corazza, descrivendocela in modo da farcela guardare con occhi, per così dire, vergini.
Lo scrittore nell’episodio fa come gli sceneggiatori perché costoro disaminano le esistenze di personaggi vivi (che prendono “vita” dagli attori) così lui scrive la storia di qualcuno che vede vivere: metà voyeur metà deus ex machina.
Ma c’è un ulteriore livello in questo gioco di scatole cinesi. Ci sono gli sceneggiatori che guardano e immaginano noi che guardiamo e immaginiamo i personaggi che si guardano e si immaginano fra loro: voyeurismo condiviso. La magia della televisione in un’accezione colta, nuova, riflessiva, creativa.
Lo scrittore ammira la curiosità e la passione di Scully per il suo lavoro tanto quanto la sua bellezza, ma dice, scrivendo di lei, che quello che lei desidera più di tutto è l’amore. Lei è stregata dalla possibilità che qualcuno, guardandola, veda il fuoco che dentro di lei cova sotto la cenere, il suo desiderio d’amore. Quando Padgett la guarda così, lei gli si avvicina come una falena alla fiamma perché c’è qualcosa che li affascina entrambi: l’idea dell’amore che sia come tirar fuori il proprio cuore per esporlo al calore del fuoco. Abbandonare il freddo della propria casa spoglia per Padgett, del proprio rigido ruolo per Scully, della asetticità del proprio rapporto con Mulder.
Lo scrittore è ritratto come una persona che non ha una vita propria, Mulder scopre che non fa telefonate (“Mister popularity!” esclama esaminando i suoi tabulati telefonici); sembra configurarsi come uno che vive nelle vite degli altri, di quelli che diventano i suoi personaggi. La sua capacità di approfondire i caratteri è pericolosa per se stesso, perché non gli consente di vivere, se non attraverso le storie, “Io vivo nella mia testa” replica quando Scully gli chiede se almeno mangia. Disamina dei rischi del mestiere?
Lui rischia perché si è innamorato di Scully e immagina che lei provi attrazione per lui, ma poi si rende conto che la reazione di lei è dettata dalla nostalgia di essere amata, di essere guardata al di là delle apparenze e di essere capita; è attratta dall’attrazione che prova lui, ma in effetti quello che lei davvero vuole è che Mulder la veda, vada oltre la maschera e il ruolo. Padgett capisce che lei ama Mulder quando Scully ad un certo punto gli sfiora il polso. E dunque non può amare lui; questo cambia le sorti del romanzo e lui aveva sbagliato tutto.
La storia sentimentale dei due protagonisti è l’anima pulsante (sic) della serie e in questo episodio inizia la presa di coscienza che forse ciò che li lega è più di amicizia.
Quando Mulder, che ha letto il romanzo di Padgett, dice a Scully della scena
d’amore fra lo scrittore e lei – che era già stata narrata come fantasia di Scully stessa – e gliene chiede conto (per capire se lo scrittore descriva o guidi in qualche modo quello che accade realmente), lei, negando non troppo esplicitamente, risponde “Tu mi conosci…” ed entrambi mostrano un velo di ambiguità nello sguardo, perché lei sta suggerendo, quasi non volendolo, che non è vero, in fondo: lui non la conosce davvero; sta mandando un messaggio al suo partner e lui lo capisce. Un passo verso una ambiguità che è comunque sempre più leale della menzogna che li vede amici, colleghi e nient’altro. “Darei la vita per te, ma è solo per un fatto di lavoro” sembrano sempre dirsi. Con quest’episodio cominciano a fare i conti col fatto che non è vero. Scully ama Mulder e lui farebbe di tutto per lei. Ci vorrà altro tempo (troppo per i fan) però perché si decidano a fronteggiare la cosa.
I due agenti con la telecamera nascosta spiano Padgett nella sua stanza e lui sta immobile, ma noi spettatori, onniscienti per privilegio, vediamo l’incontro di lui con l’assassino del suo romanzo. È come se potessimo spiare nella mente dello scrittore e nel suo processo creativo, intrufolandoci nell’interazione fra autore e personaggi.
È lui, Padgett, comunque che, scrivendo la storia, ha creato il distruttore, l’assassino, ma non sa perché. Questo “perché” in fondo è il punto, il motivo per cui comunicare nella stessa fiamma d’amore è così difficile.
Quando l’assassino gli svela la fine naturale della storia – “Si scrive da sé” dice, cioè Scully deve morire – lo scrittore infatti comprende che il male era dentro di lui, al di là della propria consapevolezza.
Infatti replica al suo personaggio “Io ho amore nel mio cuore”, ma il punto è la possibilità di comunicarlo, che un cuore comunichi il proprio calore a un altro, nelle atmosfere volutamente algide e spoglie di questo episodio. Questo è il senso del riferimento alla storia di Margherita Maria Alacoque: nel 1673 Gesù le mostra il suo cuore che brucia d’amore per lei e per tutti gli uomini, le chiede il suo, lo “immerge nella fornace dell’amore divino” e glielo restituisce infuocato per sempre dello stesso ardore.
Stiamo parlando della possibilità della comunicazione (questo è un episodio sulla comunicazione, letteraria e non), la possibilità dell’amore come comunicazione amorosa, come possibilità di conoscenza reale. L’assassino, il virtuale ma letale chirurgo psichico vuole riportare alla misera realtà l’autore: gli uomini non possono comunicare l’amore come fa il Cristo con Margherita Maria. La schiavitù degli uomini è il male. Lo scrittore inevitabilmente portava la sua storia verso la sua fine naturale, l’odio verso chi non corrisponde al proprio amore e la sua morte (questo il senso degli omicidi).
È come se si menzionasse il peccato originale: il dramma dell’aspirazione all’amore perfetto e la parabola inevitabilmente discendente di questa umana incapacità a sostenerlo. Un’unica scelta alternativa però è possibile per lui ed è suggerita quasi in sordina dalla stessa storia del Sacro Cuore: Cristo per quell’amore sacrifica se stesso – nell’iconografia sacra il cuore di Gesù è circondato appunto da fiamme e sormontato da una croce: l’ardore della carità e il sacrificio della perdita di sé sull’antico e infamante strumento di tortura. Padgett così liberamente decide: brucia e distrugge ciò che più lo rappresenta: il suo romanzo (per mettere fine alla morte e al male) e poi sacrifica se stesso per salvare la vita di Scully, approdando così al vero amore gratuito, quello che vuole il bene dell’altro senza ritorni di alcun tipo: la perdita di sé.
Che un episodio di una serie televisiva possa portare in scena con allusività ed eleganza queste tematiche esistenziali, pur nell’ambito di un dramma investigativo fantascientifico, è uno dei motivi per cui ci si può appassionare alla televisione e attendersi ancora prodotti intelligenti e intriganti che spingano oltre che a rilassarsi anche, ogni tanto, a pensare.