Un caso letterario internazionale per il thriller religioso di Danielle Trussoni, già opzionato per una trasposizione cinematografica prodotta da Will Smith.
Periodicamente gli angeli vengono identificati come coloro che dovranno sostituire i vampiri nell’immaginario fantastico, soprattutto delle giovani generazioni. In realtà, i vampiri continuano a tenere per ora piuttosto bene, mentre gli angeli si sono creati un loro spazio, tra storie più adolescenziali e storie più adulte, che recuperano gli aspetti culturali di creature nate in ambito religioso come temibili e terribili, presenti in varie tradizioni teologiche, dall’ebraismo al cristianesimo, dall’islamismo all’induismo, e reinterpretati in chiave aulica e estetica dalla pittura dal tardo Medio Evo in avanti.
Nel panorama di storie di angeli con toni più adulti e culturali spicca Angelology, di Danielle Trussoni, che approda al genere fantastico, tra misticismo, thriller complottista e mitologia ultraterrena, dopo aver commosso gli Stati Uniti con il suo toccante memoriale di figlia di un reduce del Vietnam crollato nel tunnel dell’alcolismo, Falling through the earth. Angelology è il primo romanzo di una trilogia sugli angeli, con tanto di cliffhanger finale, e i risultati sono ottimi.
A causa della trama narrata, incentrata sulle figure di angeli che camminano in mezzo agli esseri umani dai tempi più remoti, si è scomodato ovviamente Dan Brown, capospitite con il suo Codice Da Vinci di thriller a sfondo religioso che poi hanno avuto e stanno avendo tuttora tante riletture e storie. Angelology però si distacca abbastanza da questo filone, nonostante si rileggano alcune parti della Bibbia e di tradizioni ad essa collegate, partendo dalle origini degli esseri umani.
Ci sono state anche lettori che si sono ricordati de Il nome della rosa, visto che il luogo fondamentale di tutta la vicenda è un monastero, con tanto di incendio (ma non è proprio un incendio come quello provocato dal monaco cieco Borges per distruggere opere scomode), ma ci troviamo ai giorni nostri, in un convento di suore a St. Rose, vicino a New York, anche se poi si tratta di suore un po’ diverse da certi stereotipi a cui si è abituati.
Del resto, l’eroina che Danielle Trussoni ha scelto è decisamente molto originale: niente fanciulle in cerca del grande amore sovrannaturale (magari stavolta un angelo), niente bellissime investigatrici, ma Evangeline, carina certo, suora archivista, monacatasi per libera scelta, anche se poi si scoprirà che c’era l’intenzione di sottrarla a creature oscure che verranno a cercarla.
Ed è proprio nella biblioteca del convento che Evangeline scopre, partendo dal carteggio tra un’ereditiera e una suora degli anni Quaranta, l’esistenza dei Nephilim, creature sovraumane nate nell’antichità dagli incroci tra le creature celesti e le figlie degli uomini, e del ruolo degli angelologi, studiosi e combattenti contro i Nephilim, tra i quali c’erano anche i suoi genitori. Un’eroina insolita, una storia che riprende e attualizza tradizioni antichissime, senza le facili concessioni del genere (anche se un’attrazione di Verlaine, studioso finito nella tela dei Nephilim, per Evangeline c’è), una vicenda che si trascina per 400 pagine senza annoiare e creando un nuovo sottogenere di letteratura fantastica, partendo dalle tradizioni religiose ma senza poi snaturarle.
Angelology è già stato opzionato per il cinema, anche se al momento non si sa ancora niente in merito ad interpreti e regia, e c’è da sperare che non sia troppo fagocitato come storia dagli effetti speciali: ci sono scene che si prestano, compresa l’ultima da cardiopalma tra Evangeline e Verlaine, ma c’è comunque anche una trama da raccontare, insolita, colta, controcorrente, appassionante.
Danielle Trussoni la racconta comunque bene, ed Angelology è un titolo da consigliare a chi ama il fantastico ma vuole uscire dalle sacche per adolescenti e leggere qualcosa di più adulto, con anche un livello di lettura più colto. In attesa a questo punto del seguito, per il quale ci sarà da aspettare, abbastanza impazientemente perché il finale non è solo aperto, lascia davvero di stucco.