Un marchio che grava sul destino di Harriet Brandt. Un atroce passato rimosso a fronte di un presente e di un futuro che odorano di libertà. Ma la libertà costerà cara alla giovane nelle cui vene scorre sangue di vampiro…
La libertà e l’amore si presentano come termini inconciliabili nel romanzo di Florence Marryat, opera contemporanea al Dracula di Stoker, che è approdato finalmente anche in Italia. Protagonista della vicenda è Harriet Brandt, figlia di uno scienziato pazzo e di una sacerdotessa voodoo, che, cresciuta in Giamaica, approda in Europa, dove, ammalierà tutti (quasi) con il suo fascino unico. La sua venuta, però corrisponderà a una scia di morti, legata a una maledizione che grava su di lei.
Miss Brandt entra in scena sconvolgendo tutti: è bellissima, ricca, talentuosa e disinibita al punto da creare scalpore e perplessità con i suoi comportamenti sopra le righe. Nessuna trasgressione voluta, la giovane, uscita da poco dal convento in cui è stata reclusa fin dalla più tenera età, non conosce le norme della convivenza sociale, perciò vive spontaneamente il rapporto con gli altri, risultando talvolta invadente e poco opportuna. Tra la creola e il “beau Ralph”, promesso sposo di Elinor Leyton, nasce una bruciante passione che metterà in crisi il rapporto tra i futuri fidanzati. E proprio durante queste vicissitudini, avviene la prima morte, cui ne seguiranno altre. Le vittime: coloro che amano e sono amati dalla fanciulla. Strane coincidenze, che fanno dubitare della natura di Miss Brandt, così innocente nella sua esuberanza, ma che, al contempo, citando un film del 1993 di Joseph Ruben con Macaulay Culkin fa pensare “all’innocenza del diavolo”.
Sangue di vampiro scorre nelle vene della Brandt. Un’eredità lasciata dalla madre, indigena giamaicana che, secondo alcune dicerie, sarebbe stata morsa da una di queste creature. Il siero della vita, che reca in sé il principio della morte. Ma a differenza di quanto avviene nella maggior parte dei romanzi dedicati alla creatura sovrannaturale, qui non abbiamo una fanciulla che sugge sangue dalle sue vittime. Harriet si nutre dell’amore che gli altri portano per lei. È infatti una creatura orfana dei genitori, che fin dalle prime pagine mostra tutto il suo bisogno d’amore e il timore (umanissimo) per la solitudine che la affligge, nella sua condizione agiata. Più volte infatti sottolinea tale condizione, rivelando la fragilità insita in un animo che si mostra solare ed entusiasta, nonché curioso di conoscere il mondo.
Inizialmente, la ragazza ignora gli effetti della maledizione e nel dispensare tenerezza, a volte in maniera leggera e oltre il senso della decenza vigente in un’epoca fortemente puritana quale fu quella vittoriana. Ma le morti e i malesseri che si manifestano in persone che sono state e sono a contatto con lei sono la chiara manifestazione della sua influenza nefasta. E per la giovane non sarà facile ricevere dalle parole del dottor Philipps, la verità inerente a un passato rimosso.
Giunto ad Heyst, per il sollievo di Mrs Pullen, alle prese con la malattia che ha colto la sua bambina, il dottor Phillips è uno dei personaggi chiave del romanzo. La sua funzione è la medesima di quella del Van Helsing di Dracula: medico come lui (anche se non ultratitolato come l’olandese stokeriano) interviene in un momento particolarmente cruciale, consentendo ai personaggi, in questo caso a Mrs Pullen, di risalire alle cause della tragedia che ha distrutto la sua vita, attribuita alle origini della Brandt, di cui Phillips è a conoscenza. Il medico, inoltre, svela alla giovane quanto avvenuto ai suoi genitori, uccisi a causa del loro perverso vissuto, e la mette di fronte a responsabilità non desiderate.
Da carnefice inconsapevole la giovane vampira vestirà i panni di vittima consapevole della maledizione. Episodi rimossi del suo passato, torneranno prepotenti, facendo nascere in lei dilemmi amletici, che la terranno sospesa a lungo. Questo finché non decide di sfuggire al destino, lottando per l’amore verso Anthony Pennell, cugino del marito di Margaret, intervenuto per risolvere la querelle che vede coinvolti Harriet, Ralph ed Elinor. Solo che il fascino della fanciulla lo travolgerà, come travolgerà lei, ed entrambi si troveranno avvolti nella rete di un amore senza fine.
D’altro canto l’amore sembra essere qualcosa di sfuggente, avvolto nella rete della convenzione. La Marryat offre uno spaccato della società vittoriana, con le sue convenzioni e il suo puritanesimo. In tal senso la gelida e posata Elinor incarna le formalità dell’epoca. Il suo matrimonio rappresenta il connubio tra la nobiltà e l’emergente quanto vincente borghesia. Gli anni dell’epoca vittoriana, contraddistinti da diverse riforme, vedono una forte espansione economica e l’affermazione di una classe sempre più rilevante, a dispetto dei privilegi di una nobiltà in fase discendente. Il dinamismo di questa classe in ascesa è rappresentato dalla sgradevole e volgare Madame Gobelli, una nobile acquisita presso cui Harriet prenderà dimora, possiede la grettezza, ma, al contempo, il fiuto dei nuovi ricchi. Accanto, abbiamo Miss Leyton, esponente di una nobiltà impoverita, alle prese con un matrimonio di convenienza. Nel momento in cui Harriet interferisce tra i due promessi sposi, emergono tensioni che mettono in crisi le convenzioni radicate. Le nozze come dovere; il concetto di onore violato, nel caso in cui Ralph riuscisse portare a effetto le sue intenzioni con la giovane. Intenzioni cadute nel vuoto, vista la natura vanesia del giovane, che torna alla fidanzata, grazie anche all’intercessione di Anthony.
La Brandt è una libera ribelle. Una donna emancipata nel corpo e nella mente, assimilabile alla mitica Lilith, figura mitologica che nel suo rifiuto al volersi sottomettere la volere di Adamo, incarna la femminista ante literam. Ma il mondo non perdona la donna che sfugge al proprio ruolo, retaggio di una cultura patriarcale radicata e tramandata anche all’epoca vittoriana. Un’epoca che esprime il proprio moralismo nella preoccupazione verso il dilagare del fenomeno della prostituzione.
La figura di Harriett trova contatti con a quella teatrale della Lulu del tedesco Franz Wedekind (siamo all’incirca negli stessi anni) anche se, che nel suo anelito a elevarsi, sprofonda a terra. Più la protagonista cerca il riscatto dalla propria condizione, più questa condizione si svela in tutti i suoi effetti devastanti. E il tutto si pone nel contesto di opere che trattano del tema dell’emancipazione femminile, da Wedekind a Ibsen. Fermo restando che, rispetto ai personaggi di questi autori Harriet ha una particolarità, in quanto vampira.
La vampira della Marryat è una creatura diversa rispetto a quella del contemporaneo Dracula di Stoker, pubblicato lo stesso anno, ma che, rispetto all’opera dell’inglese, ha avuto un seguito più ampio. Nella Marryat, non abbiamo traccia di canini, sangue che scorre a fiumi o mostri terribili. Non si parla nemmeno di metodi difensivi quali aglio o crocefissi. D’altro canto Miss Brandt non è una creatura della notte, pur avendone le caratteristiche fisiche (capelli scuri, pelle diafana). Al contrario è una ragazza solare, che nella voglia di vivere, in una sensualità a volte troppo spiccata racchiude anche il principio di morte. Inutile il tentativo di sfuggire alla sorte, perché nel suo caso “le colpe dei genitori, ricadono sui figli” . Harriet è la donna che sfugge alle etichette sociali e per questa ragione viene condannata a un destino di solitudine, nel quale l’amore diventa un sogno irraggiungibile.
Il sangue del vampiro è un’opera di genere fantastico in cui superstizioni e spiritismo s’intrecciano a visioni più pragmatiche legati al contesto storico (si veda Madame Gobelli) costruita prevalentemente sulla forma dialogica. Una costruzione fluida, pulita e impeccabile, organizzata in una struttura che risente dell’influenza della scrittura teatrale (la Marryat fu anche attrice e drammaturga) e che delinea lo spaccato di un’epoca di cui l’autrice rivela le condizione e le contraddizioni. La componente horror non si concretizza attraverso situazioni e descrizioni splatter che, anzi, non sussistono. Al contrario scaturisce da situazioni che apparentemente sembrano blande, ma soprattutto dal contrasto stridente tra la vitalità di Harriet e le morti che avvengono gradualmente e in circostanze che sembrano assurde.
“Apprestandovi a leggere Il sangue del vampiro” scrive Barbara Baraldi, curatrice di una prefazione che sviscera aspetti centrali dell’opera “non aspettatevi il finale edificante tipico della letteratura vittoriana, ma l’orrore seducente, un tocco di decadentismo e un’attenzione femminile per l’estetica contemporanea”.
L’AUTRICE 
Florence Marryat (Brighton 1833 – Londra 1899) fu un’autrice eminente dell’Inghilterra vittoriana. Oltre che narratrice, fu anche attrice, cantante, drammaturga.Viaggiò molto, soprattutto in India ed è ricordata, soprattutto in alcuni circoli, per la sua fede nello Spiritismo, interesse che la portò a conoscere i più eminenti medium del tempo e che espresse nei suoi famosi There is no death (1891) e The spirit of the world (1894). Le sue storie, estremamente popolari negli States, sono state tradotte anche in inglese, svedese, fiammingo e russo.