Il cult “popolare” di Buffy The Vampire Slayer
La serie Buffy rappresenta un modello di fiction che si adatta perfettamente alla definizione di cult: un prodotto assolutamente originale ed intelligente che si nasconde sotto le mentite spoglie di una serie adolescenziale e, per questo, inizialmente sottovalutata dalla critica.
Nonostante non sia mai stata in cima alle classifiche di audience, questa serie ha saputo crearsi un mondo proprio dove i fans si trovano a dialogare in slayer slang, godono dei riferimenti, delle citazioni e autocitazioni, si muovono in un mondo che si nutre di cultura popolare come di cinema classico, di letteratura come di fumetti, di musica pop come di musical hollywoodiano.
Così come il concetto di cult non è stabile, ma evolve nel tempo grazie ai fans che “catechizzano” l’esperienza precedente e la rinnovano ogni volta, ogni piccolo accadimento nel mondo di Buffy rimanda a tutto l’arco narrativo precedente, fa riferimento alla costruzione di personaggi che crescono con lo spettatore e che sono riflesso dello spettatore stesso attraverso una “cerimonia di appropriazione”, consentendo una immedesimazione e partecipazione che risulta ancora più sorprendente se si pensa che la storia si muove sui binari del fantastico, del grottesco, del surreale; una interpretazione che si rinnova di volta in volta, di visione in visione.
Dagli anni ‘90 il termine cult è stato sempre più spesso utilizzato nella definizione di serie televisive facendo in modo che autori come Whedon o Carter si affiancassero ai vari Lynch e Tarantino, entrando, quindi, in un mondo solitamente riservato ad un tipo di filmografia che si lega ad un certo cinema di genere, al B-movie e, soprattutto, al legame che crea con lo spettatore.
La presenza di storie multiple, la metatestualità, l’intertestualità, l’intratestualità, sono elementi più volte evidenziati nella definizione di cult television o, più generalmente, di cult. Il tratto comune che sembra unire gli “oggetti” che vengono di volta in volta elevati allo stato di cult è il rovesciamento dei canoni estetici classici che portano, come detto, B-movies, film di genere, produzioni underground, a diventare, appunto, oggetti di culto per i fans che si appropriano del mondo creato dalla serie o dal film in oggetto.
In Buffy possiamo ritrovare tutti questi elementi amalgamati in maniera convincente ed originale, tracciando nuovi percorsi semantici nella definizione di cult in ambito televisivo. La struttura della serie si presenta in maniera originale anche rispetto ad altre di alto livello. In Buffy è quasi impossibile trovare episodi autoconclusi; ogni episodio ha diretti legami con i precedenti e con i successivi, ogni storia viene seguita dall’inizio alla fine anche per una intera stagione. Potremmo dire che una stagione di Buffy è come un unico lungo episodio se non fosse che spesso le storie proseguono anche lungo più stagioni. In pratica, per apprezzare, comprendere e studiare una serie come Buffy è consigliabile vedere tutti gli episodi, in rigoroso ordine cronologico.
Durante l’arco delle sette stagioni la storia si sviluppa sempre in maniera coerente difficilmente lasciando fatti irrisolti, consentendo allo spettatore attento e costante di godere della possibilità di notare piccoli riferimenti agli episodi precedenti, citazioni evidenti o lo sviluppo di indizi seminati decine di episodi prima. Ad esempio, l’evoluzione del personaggio di Willow è curata in maniera esemplare dall’inizio alla fine dell’intera storia. La migliore amica della Cacciatrice è presentata inizialmente come una ragazza timida ed insicura che riesce, grazie alla presenza nel gruppo, ad acquistare una propria autonomia. La sua emancipazione parte dallo studio delle arti magiche, passione che nasce nella seconda stagione e che si svilupperà ed amplierà nel corso delle successive. In più di una occasione, specialmente grazie alle osservazioni del personaggio di Giles, viene sottolineato come questa “passione” possa trasformarsi in una “dipendenza” e, infatti, il Big Bad (come viene definito il cattivo di turno) della sesta stagione sarà la stessa Willow che ha ormai perso il controllo della sua magia. Ancora – riferendomi alle citazioni dirette – nell’ultimo episodio in assoluto viene ripetuta una scena del pilot con una battuta quasi identica con i quattro protagonisti l’uno di fronte all’altro: “La terra è condannata” dice Giles in La riunione (01.02), “La terra è definitivamente condannata” afferma sempre Giles in La prescelta (07.22) con una autocitazione che strizza l’occhio allo spettatore fedele e, contemporaneamente, omaggia la serie stessa.
Ad un livello ancora diverso, la serie assorbe ogni cambiamento extra testuale in maniera coerente; così quando l’attore inglese Anthony Stewart Head decide di abbandonare la serie per tornare il patria, Whedon modella la storia su questa partenza con il personaggio di Giles che decide di ritornare in Inghilterra poiché Buffy e, in generale, tutto il gruppo, non ha più bisogno di un mentore classico essendo ormai adulti.
Buffy ha, in definitiva, il pregio di mantenere uno standard qualitativo molto alto in tutta la sua interezza. La serie non perde mai la voglia di sperimentare e rischiare, riuscendo anche dopo oltre 100 episodi a stupire gli spettatori magari con un episodio musical o con una battaglia finale che, con le dovute proporzioni economiche, non ha nulla da invidiare alla saga del Signore degli Anelli.
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ago 05, 2011Posted By
Antonella AlbanoIn verità non mi sembra che ci sia niente di davvero simile alla serie Buffy The vampire Slayer come insieme delle sette stagioni. La visione di ogni episodio parla al complesso delle esperienze dello spettatore, perchè consente di ridere, piangere e pensare, ma anche un riconoscimento di elementi così diversi, dalla cultura, dalla letteratura, dall’immaginario collettivo. Più livelli di fruizione possono essere spalancati a guardare bene. In fondo sto solo aspettando abbastanza tempo per potermi guardare la serie per la quinta volta, credo.
Grazie Barbara:)