I vampiri prima di Twilight
Una bella ragazza bionda cammina di notte con un ragazzo in un corridoio scuro. Si sente un rumore. Lo spettatore è già pronto a vedere la vittima di turno sgozzata/sventrata/mutilata, come nella migliore tradizione del genere horror. Invece, la ragazza si rivela vampira e uccide il suo sfortunato compagno. È il 1997 quando Joss Whedon rivoluziona il genere horror – soprattutto sul piccolo schermo – creando la serie Buffy – The Vampire Slayer.
Dopo il fallimento del film del 1992, Whedon crea una serie che si impone, lentamente ma costantemente, come una delle più originali della terza golden age della televisione. L’originalità di Buffy risiede principalmente nella costruzione narrativa che punta sullo sviluppo e l’approfondimento dei personaggi che crescono e maturano negli anni. La narrazione è straordinariamente coerente e realistica, nonostante il genere scelto. Buffy (Sarah Michelle Gellar) è la cacciatrice di vampiri, erede di una lunga tradizione di combattenti contro il male. Nella sua lotta è aiutata dal suo osservatore Rupert Giles (Anthony Stewart Head) e dai suoi migliori amici, Willow (Alyson Hannigan) e Xander (Nicholas Brendon). Al nucleo centrale dei quattro protagonisti, nel corso delle stagioni, si alterneranno decine di personaggi di contorno, tra cui i vari amori della Cacciatrice, Angel (David Boreanaz) e Spike (James Masters).
L’aspetto esterno della serie è quello di un teen drama, ma Buffy è un prodotto molto più complesso di quello che appare ad una prima visione, poco rassicurante e solo apparentemente adolescenziale nonostante la confezione esterna. I personaggi creati da Whedon si caratterizzano per complessità e realismo: non esistono personaggi stereotipati che rimangono tali nell’arco dello sviluppo narrativo.
Whedon si concentra sulla creazione di vere persone che si trovano di fronte a problemi reali anche in un contesto non realistico. Whedon, infatti, predilige la narrativa di genere: le serie che gli appartengono, oltre a Buffy, Angel, Firefly e Dollhouse, risultano costruite rispettando le regole del genere al contempo ibridandole: il fantasy, la sci-fi, l’horror, la commedia, si evidenziano alternativamente in questi prodotti. Il risultato è un metagenere che risulta armoniosamente costruito e che è diventato marchio di fabbrica delle produzioni di Whedon. Dal punto di vista dell’utilizzo della macchina da presa, Whedon non sperimenta particolari punti di vista o movimenti tipici delle serie contemporanee come splitscreen, prospettive impossibili, grandangoli, macchina a mano ecc. La mdp segue spesso le regole della grammatica televisiva più semplice, ma senza scadere nel banale. I dialoghi sono spesso in campo/controcampo e le scene in interni dove la mdp si muove solo sui personaggi abbondano.
E’ interessante sottolineare come Buffy sia un testo rappresentativo di questa nuova forma di autorialità che accompagna le serie più interessanti di questi ultimi anni. Buffy “appartiene” a Whedon, pur se l’autore non ne scrive o dirige tutti gli episodi: quello che conta è lo stile della serie che si lega strettamente al suo autore e risulta riconoscibile, episodio dopo episodio, prodotto dopo prodotto. Joss Whedon risulta oggi uno degli autori più interessanti del panorama televisivo, pur se i suoi prodotti hanno raccolto, generalmente, meno successo di quelli di Abrams o Carter.
Whedon propone al pubblico testi di una complessità che va oltre il gioco metareferenziale e citazionistico utilizzato da molti prodotti contemporanei. Merito di Whedon anche quello di aver anticipato l’enorme successo dei vampiri che hanno invaso il piccolo e grande schermo, oltre che le librerie. Buffy, pur sottovalutata in Italia anche a causa di un pessimo adattamento dei dialoghi, è un testo da riscoprire – se non lo conoscete già, o da riscoprire se lo avete perso di vista in questi ultimi anni. Ovviamente in attesa dei nuovi lavori di Whedon, primo fa tutti The Avengers, previsto per il 2012.
(continua)