Being Human la serie made in United Kingdom lascia tracce… di sangue!
“Un vampiro, un licantropo e un fantasma decidono di andare a vivere insieme…” sembra l’inizio di una barzelletta o di una storiella amena, invece questo è l’input iniziale di Being Human la serie britannica della BBC Three che, iniziata nel 2009, è giunta quest’ anno alla terza stagione.
Being Human è una serie veramente notevole, tant’è che negli Usa hanno deciso di farne un remake, in onda da gennaio 2011. Fra i produttori esecutivi troviamo lo stesso Toby Whithouse, creatore dell’originale britannico, nonchè ex-attore e talentuoso sceneggiatore che ha lavorato per show notevoli come il Doctor Who e Torchwood.
Questa serie si presenta come un mix di horror, drama e comedy nel quale, a differenza di molte altre, l’essere soprannaturale non è edulcorato e snaturato: è orribile essere un vampiro, è straziante diventare un licantropo con la luna piena ed è limitante e profondamente triste essere un fantasma.
In questa serie si sottolinea quanto sia importante essere normali, e difficile essere semplicemente umani. Toby Whithouse infatti afferma: “George, Annie e Mitchell costantemente si battono e tentano di essere umani e di vivere vite decenti e responsabili. Essere stati privati della propria umanità permette loro di analizzare ciò che hanno perso e di aspirarvi”.
Mitchell vampiro da molto, molto tempo e George, licantropo “fresco” di qualche anno, infermieri nello stesso ospedale, decidono di provare a ritagliarsi uno spazio di normalità e si cercano un appartamento dove vivere. Il destino vuole che nella vecchia casa dove decidono di stabilirsi dimori il fantasma di Annie, morta proprio in quel luogo. Dopo poco tempo i tre comprendono di essere una grande risorsa uno per l’altro e insieme cercheranno di costruirsi una vita il più possibile umana. Le peripezie sono numerose e i nemici svariati.
La serie non si basa principalmente sugli effetti speciali (usati in maniera mirata), nè vuole necessariamente limitare lo splatter (abbondante); il punto forte sono gli attori, le loro interpretazioni e le dinamiche reciproche. L’ironia e la componente comica rendono lo show estremamente gradevole, ma i momenti drammatici sono altrettanto coinvolgenti.
La natura soprannaturale svolge per ciascuno dei tre personaggi una funzione metaforica diversa ed è la pregnanza di questo sottotesto a dare profondità alla narrazione. Tutti e tre i protagonisti sono degli outsider.
Mitchell, il vampiro, impersonato dall’irlandese Aidan Turner (fascinoso e feroce quanto basta), non vorrebbe nutrirsi di sangue umano, ma spesso la tentazione è troppo forte per resistere. E’ proprio questo personaggio che riflette sulla moralità e l’ideologia: egli vuole costruire una società migliore nel quale i vampiri scelgono spontaneamente di non bere sangue umano, ma è davvero possibile disintossicarsi dal male e aspirare al perdono?
George, il licantropo, è interpretato da Russell Tovey che si offre in virtuosismi recitativi davvero degni di nota, creando un personaggio di cui non si può non amare la vulnerabilità e la purezza di cuore. E’ la figura dell’inadatto, del diverso che brama una vita normale, ma in effetti si nasconde dietro il suo problema per non avere una vita. La licantropia diventa la metafora di tutte le diversità. Nella seconda stagione poi la storia costruisce l’equazione diversità=malattia. E la religione, vista riduttivamente come intolleranza e riforma violenta di tutte le anomalie, è rappresentata dal personaggio di Kemp che inventa una “cura” della licantropia anche se il rischio dovesse essere la morte per chi viene sottoposto a essa. Paradossalmente l’esistenza della bestia fa di George un uomo buono, questa è la scoperta: se tenta di castrarla diventa una persona peggiore.
Annie, il cuore pulsante del trio, interpretata dalla bravissima Lenora Crichlow, è oppressa dalla solitudine e dall’impotenza. Compie un percorso che l’aiuterà ad apprendere nuove certezze: il ragazzo che tanto aveva amato e con cui voleva una vita insieme, Owen, proprio lui l’aveva uccisa. Prima di morire, viveva una vita fantasma, da morta comincia ad “esistere” davvero, a capire. Sarà proprio l’amicizia con George e Mitchell a renderla visibile e concreta. La visibilità è affrontare la vita ed entrare veramente in rapporto con gli altri, con tutte le difficoltà che questo comporta.
Non si può non essere lieti che questa serie molto amata dai fan veda l’anno prossimo la sua quarta stagione per poterci godere un’altra buona dose di soprannaturale “made in Europe”.