Chi è il mostro tra il vampiro e l’essere umano? È questa la domanda che Lasciami entrare pone al lettore al termine del romanzo.
Questo lavoro raffinato e dalle tinte fredde è forse uno dei romanzi horror più intensi e originali che riprendono il mito del vampirismo. Eli, la piccola vampira che diviene amica di Oskar, un adolescente disadattato e solitario, non stravolge il cliché del vampiro. Tutt’altro. Vogliamo tirarne fuori una morale? Non si deve per forza stravolgere un archetipo per tirar fuori qualcosa di buono. Non si deve trovare l’adolescente innamorata o il maschio sexy e perennemente in caccia per leggere una buona storia di vampiri.
È utile una premessa per comprendere al meglio questo romanzo. La vera forza di questa storia è lo stile con cui è scritta: giornalistico, scarno, diretto. Probabilmente dipende dal retaggio dell’Autore, che per lungo tempo ha scritto per la televisione e per le sitcom che richiedono una scrittura rapida e scattante. Lo stile di Linqdvist è incisivo, è come se marchiasse a fuoco la coscienza del lettore pagina dopo pagina, commuovendo, emozionando e lasciando scorrere lungo la schiena brividi di autentica paura. E’ un vero turn page, difficile da dimenticare.
Oskar vive con la madre, donna nevrotica incapace di aiutare il figlio che pure ama molto, in un palazzone freddo e squallido alla periferia di Stoccolma. E’ un ragazzino solitario, dotato di un’intelligenza fuori dal comune e vittima designata di atti di bullismo da parte dei suoi compagni. Una sera d’inverno, Oskar scorge una ragazzina nell’area giochi. Si chiama Eli, è solitaria come lui e ha una vita misteriosa: abita in un appartamento dai vetri schermati, non mangia ed è dotata di una forza fuori dal comune.
Le loro camere sono confinanti e ben presto i due ragazzi creano un sistema di comunicazione da cui gli adulti sono esclusi. Sì, perché Eli ha un padre, o meglio: un adulto che si prende cura di lei. Ma davvero quest’uomo è un suo genitore o vuole qualcosa di più, qualcosa di perverso e inconfessabile?
Nello stesso tempo, si verifica un efferato omicidio nel parco accanto alle case popolari dove abitano i ragazzini. In questo terribile susseguirsi di eventi rimangono coinvolti un gruppo di persone che a stento si potrebbe definire amici. Uomini e donne di mezza età che bevono insieme, che trascorrono il tempo cercando di dimenticare la loro condizione di falliti: disoccupati, tossici, ubriaconi, cameriere a tempo determinato. Pian piano il gruppo è falcidiato da sparizioni che nessuno riesce a spiegare.
La storia si dipana così su due livelli, uno dei quali è quello della strana relazione tra Oskar ed Eli, che diviene più intima, tale da riempirne il vuoto esistenziale. Sebbene Eli sia un vampiro centenario, è ancora un’adolescente sola e amareggiata, privata di un corpo che possa crescere con lei. Da questo punto di vista ricorda molto la figura di Claudia di Intervista con il vampiro di Ann Rice. Tuttavia, mentre Claudia era una creatura rabbiosa e viziata, Eli invece è matura, dotata di una sorta di compassione che la spinge a proteggere Oskar. Il ragazzo è il suo primo e unico amico, l’unico che gli abbia dato fiducia e affetto senza chiedere nulla in cambio. Quest’ultimo è una figura tratteggiata con forza e delicatezza insieme: è un ragazzino arrabbiato con il mondo, sulla soglia dell’adolescenza ma già proiettato verso il futuro.
L’attrazione che egli prova per Eli è un misto di attrazione sessuale appena accennata e incredibile bisogno d’affetto. Come Eli è la sola a capire il profondo disagio di Oskar in quella periferia squallida coperta di neve, nel medesimo modo Oskar cerca di aiutare la piccola vampira a impadronirsi del tempo che le è stato strappato: la sua adolescenza. Lo fa con i fumetti e la musica, con le storie della sua vita, della scuola e dei compagni che lo torturano.
L’approfondimento psicologico è uno dei tratti salienti di questo romanzo, ciò che lo impreziosisce e lo rende davvero unico. L’aspetto più originale è l’intensità con cui le relazioni tra i personaggi vengono descritti e l’equilibrio, perfetto e delicato tra horror, romanzo di formazione e storia d’amicizia. Il fenomeno del vampiro rimane, almeno in certi punti, sullo sfondo: il vero orrore, sembra dire Lindqvist, è quello del quotidiano, dei servizi sociali che decidono se concederti un sussidio o meno, del pedofilo che si lega alla sua vittima, dell’abbrutimento dato dall’alcool, dalla solitudine e dall’incomunicabilità.
Ma, nel momento in cui la vera natura di Eli viene fuori, non c’è scampo. Eli è una ragazzina, ma è anche un vampiro. Un vero mostro, che crea altri suoi simili. E li distrugge in modo orribile.
Memorabile è il finale in cui si descrive un bagno di sangue. In senso letterale. E un ultimo commento va fatto sull’uso del colore da parte dell’Autore. Predomina il bianco: una tinta algida, ghiacciata, lo sfondo più tetro e angosciante che si possa immaginare. Da lì, ci sono una serie di gradazioni: grigio sporco, il colore della cenere, le ombre del bosco, il grigiore diffuso delle case popolari, il bianco malato dell’ospedale… e il rosso del sangue. Perché il rosso, il colore del sangue e della vita, è l’unico colore caldo che ha diritto di cittadinanza in questa storia struggente di adolescenza negata.
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lug 19, 2011Posted By
evangelionSono d’accordo con la recensione di Stefania. Questo libro è stata una vera e propria (piacevolissima!) sorpresa. Lo considero assolutamente il migliore dell’ondata giallo/fantastica svedese che ora va tanto di moda…. Il film svedese, è interessante anche se a mio parere non sa osare, come il romanzo. Non ho visto il remake americano.