“Ci sono solo due streghe. Quindi una di troppo. In tutto tre.” Dopo la trilogia di Mirta Luna, Chiara Palazzolo ci conduce nel cuore più oscuro del Bosco di Aus: un luogo in bilico tra passato e presente, tra amore e dolore, tra quotidianità e stregoneria.
Nel Bosco di Aus di Chiara Palazzolo (Piemme, 2011) è il classico libro che non ti aspetti, e immergersi nelle sue pagine lascia per un attimo straniti. Lo si fa in punta di piedi. È il testo stesso che lo chiede, con una prosa che è da subito secca e ritmata. A tratti immediata e bruciante, come può esserlo un pensiero o un ricordo. Un artificio narrativo unico nel suo genere, che trascina e avvince a sé il lettore, facendolo correre, galoppare o passeggiare tra le pagine del romanzo, trasportandolo così nel misterioso Bosco di Aus e nella vita della protagonista, Carla.
Una donna come tante. Una donna che ha proprio tutto quello che si potrebbe desiderare per essere felici. Un marito con cui va d’accordo, tre figli che adora e una nuova casa, al limitare di un bosco. Il sogno di una vita, insomma. Certo, non mancano i problemi di tutti i giorni: un’esistenza frenetica, la casa sempre da sistemare, il lavoro che ruba tempo agli affetti, i figli adolescenti con i loro problemi, e le incomprensioni che tutti quanti, presto o tardi, abbiamo dovuto affrontare nella nostra vita. Carla sei tu che leggi. Siamo noi, con i nostri alti e bassi. Ma qualcosa, in tutto questo, viene a turbare l’equilibro che nei suoi primi quarant’anni di vita Carla si è conquistata con fatica.
La morte in un misterioso incidente d’auto di Rita, la migliore amica di Carla, scatena una serie di eventi che stanno per trascinarla in un vortice oscuro, fatto d’incubi e tentazioni, piccole ripicche e amari contrasti. Come se non bastasse, Albertino, il figlio più piccolo – il suo tesoro, l’amore della sua vita, la sua forza – la mette in allarme annunciandole di vedere spesso (troppo spesso) intorno alla casa una vecchia signora, una strega, come lui la chiama.
È l’unico a scorgerla e Carla non gli dà peso, perché nel frattempo la sua vita si è arricchita di nuove e stimolanti conoscenze: è diventata amica di una donna che conta, Amanda Satriani, la padrona di tutta la collina, la più influente donna del paese, che la invita a far parte del suo circolo di burraco. Presa dal nuovo gioco e soprattutto dalla frequentazione di Amanda, la vita inizia a scivolarle via della dita. Carla si fa irrequieta, intollerante… strana. Ed è sempre più attratta dal bosco carico di voci, presenze e presagi.
L’intreccio intessuto ad arte lungo le prime trecento pagine del romanzo, si trasforma nelle ultime duecento in un cappio nel quale il lettore si trova presto avvinto. Si è dentro la storia. Si diventa Carla.
La piacevolezza della vicenda ora prende un ritmo sempre più incalzante e si resta affascinati dalla protagonista: perno di tutto e centro focale della storia, che ruota attorno a un presupposto di base semplice quanto d’effetto. Quando una persona a noi cara ci sembra d’improvviso diversa, cambiata… siamo davvero certi che sia ancora se stessa?
Ci sono solo due streghe. Quindi una di troppo. In tutto tre. In bilico tra quotidiano e sovrannaturale, il romanzo ci presenta situazioni al limite, strane, che confondono in un intreccio studiato ad arte e altre, invece, di pura normalità. La casa, la scuola, la vita di tutti i giorni. Il vero colpo di scena, però, si abbatte con forza con l’arrivo della terza parte del volume. E da lì in poi è una corsa verso il finale.
Una nota a margine la merita senz’altro un ottimo spunto narrativo inserito dalla Palazzolo, con la sua velata analisi della condizione della vecchiaia. Terribile e nera, quanto piena di piccole e astute risorse che di colpo possono ribaltare una situazione intricata. Ma tutto questo non sarebbe stato possibile in mancanza di un personaggio come Carla: figlia, donna, madre, moglie, amante, amica, strega. Una donna completa e complessa, non perfetta, ma che nemmeno ambisce ad esserlo.